TEATRINO D’ARCO
Prosegue la stagione “impegnata” della Campogalliani. A seguire Dostoevskij giunge Molière con Le intellettuali, un capolavoro satirico del 1672, messo in scena come il...
LE INTELLETTUALI di Molière
Prosegue la stagione “impegnata” della Campogalliani. A seguire Dostoevskij giunge Molière con Le intellettuali, un capolavoro satirico del 1672, messo in scena come il precedente lavoro da Grazia Bettini. In originale s’intitola Les Femmes savantes, e sono tre le donne, e della stessa famiglia, che si concedono alla moda della cultura con furore e fanatismo. Prima la madre autoritaria (L. Sartorello) che con il suo piglio fa tremare l’imbelle marito, e la cameriera licenzia per il gergo cacofonico, poi la figlia primogenita (M. Ginelli) che in nome del primato del femminile rifiuta con il matrimonio anche la sensualità, e quindi la zia paterna (R. Bonfiglio) che al contrario freme per una miriade di corteggiatori platonici e inesistenti. Le tre solidarizzano e velleitarie delirano per i sonetti di Trissottani (R. Vaini), che fuor di casa loro nessun considera (è sparito il confronto con Vadio, l’erudito). Ma a tanta infatuazione per il tizio giunge la madre da volergli dare in moglie la figlia cadetta (V. Durantini), che per niente intellettuale, opta invece per i piaceri domestici che le offre l’onesto Clitandro (L. Genovesi).
Strutturalmente la pièce si organizza intorno al tema delle nozze contrastate, ma più delle trame nascoste e palesi, è necessario ricordare che nel “duello” verbale che si scatena all’inizio della seconda parte dello spettacolo tra i due pretendenti, Trissottani (che fa rima con cani, e tali sono i suoi sonetti, che pur fan sbellicare) e il giovane innamorato, Molière pone la sostanza del discorso. Che la cultura (nella traduzione di Garboli) “corrompe” le tre donne, spinte a manipolare concetti senza un minimo di giudizio. Per il senso comune di Clitandro, “uno sciocco sapiente è più sciocco di uno sciocco ignorante”. E tale opinione prevarrà, anche se il poetastro viene smascherato come un’appendice di Tartuffe. Ma si sa che per Molière scoperchiare la mistificazione è sempre un bene, e fa cadere il velo dagli occhi della madre. Bettini lo conferma spingendo gli attori a battere il piede su una pedana.
Tra satira e farsa, gli attori sono trascinati dalla sapienza professionale di Sartorello e Vaini, e tra i giovani convincono maggiormente i due innamorati, Durantini e Genovesi: lo spettacolo conquista risate ed applausi.
Alberto Cattini