“Luci e ombre della ribalta”, il nuovo allestimento della Campogalliani al Teatrino di Palazzo d’Arco, è una pièce francese del 1997 scritta da Jean-Paul Alègre. Il titolo italiano potrebbe riuscire fuorviante, e far pensare a splendori e miserie del teatro. L’originale, "La Ballade des planches", prelude invece a un’ambizione fantastica: alla libertà che si concede l’Autore, procedendo per i sentieri dell’assurdo. Come nei modelli del connazionale Ionesco, anch’egli principia dalla banalità del quotidiano, salvo poi attingere al solito Feydeau combinato con echi pirandelliani, o utilizzare la nutrita narrativa sul cinismo dei mass-media. Più interessanti i temi surreali, o i sempiterni schemi dell’equivoco, che da noi hanno avuto vasta eco nel repertorio teatrale di Campanile, o nelle gag di Totò. E certamente Mario Zolin li ha tenuti presente nella sua messa in scena della divertente commedia. Essa risulta da sei "storie" sciolte l’una dall’altra. Diciamo subito che la terza ("Viviamo felici") è la nostra preferita. La interpretano Diego Fusari nel ruolo di un attore ammantato come un principe del palcoscenico, e Isabella Bertolini in quello di un’esordiente piuttosto sprovveduta, che dovrebbe fargli da spalla. Il primo attacca con quattro battute, e non ottenendo risposta le ripete più volte, sino a interpellare direttamente la collega che equivoca sul pronome "lei". Di qui principia un esilarante scambio di battute che esaspera il divo e porta la partner a sedersi in platea, a interloquire con gli spettatori in un crescendo di vera comicità. Bravo Fusari, ma bravissima la Bertolini, che rivela una disinvolta verve comica già intravista e apprezzata ne "L’incidente" (lo scorso febbraio). E pure di gran rilievo è l’ultima storia ("Esploratori"), in cui tre astronauti, atterrati sulla Terra, e guidati da Stefano Bonisoli dotato di garbata ironia, scoprono l’esistenza del teatro (d’Arco) con tanto di spettatori in sala, da destinare al museo. Quanto alle altre storie, assistiamo al progressivo svuotamento dell’identità personale di tre attori che provando le parti diventano i personaggi ("Chemisier"). O alla grottesca preparazione di una suicida in diretta televisiva ("L’ultima prova"). O a un errore di programmazione, che amplificato da una lingua straniera sconosciuta, mette un intervistatore in presenza di chi non s’aspetta ("Dura fare l’Europa"). E ancora alla cialtroneria di un regista produttore che alla scena a due attori predilige l’inserto pubblicitario ("Stringere!"). Complessivamente si cimentano dieci attori, e la sorpresa della serata è per noi Melissa Carletta, per la padronanza e la scioltezza del discorso. E ricordiamo ancora Valentina Durantini, e Michele Romualdi. "La ballata del palcoscenico" è uno spettacolo di bella gradevolezza, con molte luci e qualche ombra. Con la regia di Zolin ci piace parlare delle musiche scelte da Martinelli, delle scene e i costumi di Fusari e Campogalliani, e delle luci di Codignola.
Alberto Cattini