La Campogalliani mette in scena due atti unici: "Grasse Matinée" e "Un posticino tranquillo". Repliche fino alla fine di gennaio
5 gennaio 2016
MANTOVA. “Morti e contenti” è il titolo che la Campogalliani ha dato ai due atti unici che si rappresentano insieme, “Grasse Matinée” (1977) del francese René De Obaldia per la regia di Mario Zolin, e “Un posticino tranquillo” (1980) di Aldo Nicolai per la regia di Grazia Bettini. Entrambi i testi hanno per protagonisti dei morti loquaci, o degli psicopatici solerti che ammazzano chiunque cerchi di turbare, sia pure inconsapevolmente, la loro quiete. E i morti sono contenti, dal momento che gli autori dei due atti si prefiggono di praticare l’umorismo nero.
“Grasse matinée” nasce dal proposito di Babeth (Annalaura Melotti), morta da non molto, di concedersi di poltrire fino a mezzogiorno. Ma comincia con il lamentarsi della spilorceria dei congiunti che l’hanno chiusa in una bara economica d’abete, e molto stretta. A differenza di Artemisia (Rossella Avanzi) che invece può voltarsi a suo agio in una lussuoso domicilio di quercia. E per questo anche nella tomba cerca di cogliere degli aspetti positivi. Con gli esclamativi prevede i treni di passaggio e la loro destinazione, ascolta tutti i suoni, dilettandosi anche del corvo che per Babeth è invece un uccello del malaugurio. Le due ex donne, ricoperte da parrucche e tuniche bianche, fanno salotto e si scambiano le battute come se fossero ancora di carne.
Ma ci sono anche quelle proprie dei morti, delle ossa che scricchiolano o dei pruriti al cranio per colpa di un verme impudente. E prevedono mutazioni animali di vario tipo in un prossimo futuro. Già nel presente riconoscono le voci dei rispettivi amanti nel corvo e nel cucù. Ambedue attendono con ansia il giorno del trasferimento in un altrove meno provvisorio, allo scoccare del “giudizio”, quando passerà il treno fantasma a raccogliere gli scheletri di lunga data. Tra le due tombe scoperchiate, e solitarie, i monologhi più interessanti spettano ad Artemisia, anche perché Avanzi la dota di accattivanti cadenze che fanno eco ai modi di Franca Valeri. E Zolin la fa vaneggiare arborea come la pianta di cui porta il nome, a differenza dell’altra, sboccata come in vita. Tra ironici ammiccamenti si dicono arrivederci.
Più breve, di dialoghi secchi e con temi espliciti e diretti allo scopo, la pièce di Nicolai, cui la Bettini conferisce un ritmo da cartoon, con gli attori che assumono posture ed espressioni da striscia orrifica. Specie Magda (Martina Ginelli), la dominatrice, pare una kapò di taglia forte con la treccia raccolta sulla nuca, il camice bianco, e le mani ad artiglio. Ammazzerebbe anche gli uccelli per il cinguettio che la disturba. Ha già fatto strage, complice il marito sottile e volenteroso (Luca Genovesi), di maestranze dell’edilizia che volevano costruire nei pressi, e di campeggiatori religiosi, quando si presenta alla porta Folco (Adolfo Vaini), l’ultimo zio sopravvissuto alla pacificazione del parentado. Anche con lui la coppia malefica compie una “buona azione”, prima di sedersi di nuovo accanto alla culla del figlio neonato, che non si sa se sia finto o cadavere.
La rappresentazione nevrotica di una coppia stanca di tutto, desiderosa solo di stasi e di silenzio è complementare alla precedente che nella quiete estrema vaneggia il movimento. Zolin e Bettini procedono in tandem lungo i sentieri tragicomici del nostro incerto presente. E li applaudiamo volentieri con i loro interpreti.
Lo spettacolo verrà replicato domani alle 16 e poi ogni venerdì e sabato sera alle 20.45 e la domenica al pomeriggio alle 16 sino al 31 gennaio. Le prenotazioni per tutte le rappresentazioni si effettuano alla biglietteria del Teatrino di Palazzo D’Arco dal mercoledì al sabato dalle 17 alle 18.30 (telefono 0376 325363) oppure via mail (biglietteria@teatro-campogalliani.it).
Alberto Cattini