il Trigamo conquista con le gag delle tre attrici
Applausi per Sartorello, Pezzoli e Campogalliani. Vaini offre una delle sue interpretazioni migliori
Torna in scena il Trigamo, pièce in tre atti ricavata da Piero Chiaro dal suo romanzo La spartizione (1964). Ed è uno dei maggiori successi della Campogalliani, che Maria Grazia Bettini aveva adattato nel 1985 con Aldo Signoretti, protagonisti Damiano Scaini e isa Mancini. Riprende in mano la regia d’allora con le tre "regine" storiche della Compagnia, e si presume con maggiore spregiudicatezza. Si replica allora la storia di Emerenziano Paronzini, 56enne primo archivista nel comune di Luino negli anni del Duce, e dell’italietta eternamente fascista. Approfittando della richiesta di aiuto di Tarsilla Tettamanzi, relativo all’accertamento di valore della loro villa con giardino, egli visita l’abitazione delle tre sorelle che la natura ha mortificato con una singolare bruttezza. Abile stratega, Emerenziano sposa la maggiore, Fortunata, si sistema in casa, e s’infila nel letto anche della detta Tarsilla e di Camilla, tutte tre molto attive nelle opere parrocchiane. Svegliate alla conoscenza del proprio sesso, gli tocca visitarle ogni sera, tranne la domenica, che è di riposo, sino a cadere stroncato dalla fatica, al grido "la camicia", con cui pretendeva pronta disponibilità all’abbraccio. Ma il segretario del fascio locale, interpretando una sepoltura in camicia nera, concede onoranze a spese del Comune. Per questo divertissement che ancora sa suscitare molta ilarità, Adolfo Vaini veste i panni di Emerenziano e ci offre una delle sue interpretazioni migliori. Mettendo da parte gli stilemi di successo (Tognazzi nel film di Lattuada), restituisce un’aria sottilmente demodé, da contadino che fattosi impiegato di concetto, tiene in salotto un contegno di sussiego, scandendo le parole con distacco. E trascina anche la gamba ferita sul Piave come per rimarcare di averla sostituita altrimenti. E ne intuisce la potenza Tarsilla, di Loredana Sartorello. Ne attira l’attenzione strusciandosi addosso, le gambe accavalla a scatto, e le braccia distende come piovra. Sono le mani il tratto distintivo della Camilla di Gabriella Pezzoli, che agita davanti al viso di Emerenziano come un prestigiatore che spera in una magia. La Fortunata di Francesca Campogalliani contrasta la serietà con un’incoscia acconciatura fallica sul capo, e di ritorno dal viaggio di nozze con una camminata molto allusiva. Sono le tre attrici, gran commedianti, a suscitare i numeri più spassosi intorno al “gallo” che se ne bea. Agli altri personaggi il testo non concede molto. Qualche figurazione alla domestica (R. Bonfiglio), e al medico (Giancarlo Braglia), un po’ di più spazio allo squattrinato (Diego Fusari) che inizia Tarsilla al sesso, contando sul suo denaro. indotta dalla pièce che è non più di una infilata di scene senza sviluppi dialogici e senza raccordi, costruite su gag perlopiù visive, l’abile regia di Bettini procede a ritmo sostenuto guardando finanche al cinema muto, e mirando alla comicità innanzi tutto. Calorosissimo il successo per tutti gli interpreti.
Alberto Cattini