Gli auguri di un Natale ricco nello spirito dagli attori dell’Accademia «Campogalliani»
Il celebre romanzo di Charles Dickens Canto di Natale accompagna grandi e piccini fino al 6 gennaio con il suo carico di buoni sentimenti, dei quali l’Accademia teatrale "CampogalIiani" si fa ambasciatrice. Il romanzo - scritto a meta Ottocento, quando in Inghilterra vigeva lo sfruttamento del lavoro e l’infanzia era negate - è un inno alla rinascita morale dell’uomo, un invito a pensare al prossimo e a riscoprire il valore della socialità. Sul palcoscenico del teatrino d’Arco, che la trasparenza del fondale (scene di Fusari e Pizzoli) e le proiezioni laterali riescono ad ampliare visivamente, sono schierati una ventina di interpreti impegnati in più ruoli. La valenza collettiva è l’elemento caratterizzante sia della riduzione e traduzione del testo di Chiara Prezzavento, che della regia di Maria Grazia Bettini. La quale, pur amante del genere, addolcisce i tratti gotici. I tre fantasmi, affidati alle due attrici Loredana Sartorello e Serena Zerbetto, non sono creature terrificanti ma emissari dell’aldilà avvolti di luci colorate (effeti di Codognola e Fiordaliso, colonna sonora di Martinelli) apparsi per insegnare che gli errori del passato non sono cancellabili ma, prendendone coscienza, si può mutare il corso del presente e del futuro. La trama narra di Ebenezer Scrooge, avaro con gli altri e anche con se stesso, che vive solitario pensando ad accumulare ricchezze, senza goderne. Adolfo Vaini tratteggia con encomiabile indole arcigna il personaggio che, guidato dagli spettri e dall’ex socio defunto, Michele Romualdi, piano piano riscopre la gioia adolescenziale: il viso severo si distende e cede al sorriso, rivolto innanzitutto al vessato impiegato impersonato da Luca Genovesi e al nipote cui Diego Fusari conferisce un inscalfibile ottimismo. Il valore della messa in scena si attesta su standard elevati. I personaggi sono convincenti, reali e caratterialmente ben delineati: alcuni risultano divertenti, altri commoventi, altri ancora forniscono l’indispensabile "colore" come Francesca Campogalliani, esilarante predatrice di cadaveri che declina al femminile l’avidità di Scrooge, e, nei panni dei più giovani, i bravi Simone, Federico e Davide Cantarelli. Tuttavia l’Accademia pane in secondo piano l’aspetto strettamente artistico, di indiscutibile qualità, per privilegiare l’importanza del messaggio dickensiano che esorta a una vita ricca nello spirito. Ne è prova il finale in cui la compagnia, con genuina sincerità, porge gli auguri al pubblico sotto una nevicata di fiocchi luminosi.
Maria Luisa Abate