MANTOVA - Tempo-Libero
Campogalliani Tante risate con gli atti unici di vaudeville
Sotto il titolo creato per l’occasione “Suocere e Delitti”, Grazia Bettini propone due atti unici della tradizione vaudeville, rispettivamente di Georges Feydeau e du Eugène Labiche. “La buonanima della suocera” (1908), “Il delitto di via dell’Orsina” (1857). Analogo l’ambiente dei due testi, una camera da letto coniugale, in cui il marito si presenta a tarda notte, oppure se la dorme fino a tardi per smaltire la sbornia; entrambi sono reduci da una festa d’impiegati con donnine o di ex studenti dell’unico istituto, con dispetto delle mogli, l’una svegliata dal sonno profondo, l’altra all’oscuro delle fuga notturna del coniuge.
Come contrappasso, un decesso inopinato o un omicidio perpetrato sotto l’ebrezza dell’alcol vengono a suscitare scompiglio e disagio nelle due famiglie. Le notizie sono annunciate da due messaggeri esterni, sconosciuti o imparentati, ignari della situazione domestica, straniti quanto basta per suscitare gli equivoci del caso. Il fattore comico scatta appunto con gli abituali qui pro quo, e con affanni dei maschi, e il supporto esilarante del personale di servizio carico di tic, o di timorosi gridolini dovuti all’età che spalanca dubbi in serie. Non di meno si evidenzia l’aspetto critico dell’immoralità, del cinismo di ceto, che nella morte scorge solo la spesa o il profitto, e in ogni caso se ne sente rincuorato senza un lamento che sembri onesto. Gli attori, e parliamo di Adolfo Vaini, ottimo protagonista con Giancarlo Braglia, di Labiche. Il suo Lenglumé rincasando si è trascinato nel letto un ex amico Mistingue, ed entrambi se ne sorprendono con una fioritura di smorfie, e di esclamazioni a parte, che una verniciatura salottiera ricompone nella complicità non appena compare la moglie, l’impareggiabile Loredana Sartorello, capace con le sue intonazioni signorili d’essere pertinente e al tempo di far sorridere con un personaggio soltanto decorativo. E non di meno i due uomini fan lega non appena scorrono sul giornale che una carbonaia è stata ammazzata con l’ombrello del padrone di casa, proprio nei luoghi in cui sono stati la notte precedente. Sono degli assassini? Lo pensano, lo credono, si dispongono a inventarsi un alibi.
Sono davvero bravi, e molto divertenti, Vaini e Braglia. Lunare, la schiena eretta, femminea, le labbra che sfuggono da un lato, si muove nella scena di Labiche il domestico di Giancarlo Santarello, suscitando risate. E altrettanto capita con Francesca Campogalliani, domestica nel testo di Faydeau con i suoi reiterati lamenti, e Italo Scaietta, latore confuso del messaggio di morte della madre della coppia composta da Martina Ginelli e Marco Federici. nel caso dei coniugi, che Feydeau vorrebbe far litigare sull’aspetto dei seni della moglie al confronto con quella d’una modella. Bettini l’ha dissolto ricamando l’amor proprio patetico della donna e la stupidità del coniuge. Il sorriso dovuto alla frivolezza del vaudeville si spegne sull’amarezza dello spettacolo di coppia di mezza età. I due atti di quaranta minuti ciascuno offrono situazioni del tempo che fu. Ma l’allegria è assicurata dalla qualità degli attori, guidati dalla mano della Bettini che con il comico è a suo agio (ricordiamo la regia di “Arsenico e vecchi merletti”), e sa rinfrescare gli anacronismi con slancio e simpatia. -
ALBERTO CATTINI