Settant’anni con la Campogalliani: si inizia da Pigmalione
L’Accademia Teatrale festeggia la ricorrenza proponendo di alcuni titoli di successo al teatro Sociale
05/10/2016
di Maria Luisa Abate
L’Accademia Teatrale “Francesco Campogalliani” celebra il prestigioso traguardo di settant’anni di attività ininterrotta e lo fa affiancando alla consueta programmazione al Teatrino D’Arco, la riproposizione di alcuni allestimenti di successo sul grande palcoscenico del Teatro Sociale. La “Stagione del Settantennale – I grandi classici” ha inizio giovedì 6 ottobre alle ore 21 con Pigmalione di George Bernard Shaw.
Per George Bernard Shaw (Dublino 1856 – Ayot St Lawrence 1950) il teatro doveva essere soprattutto un veicolo per le idee, "una fucina di pensieri, una guida per la coscienza, un commentario della condotta sociale, una corazza contro la disperazione e la stupidità e un tempio per l’Elevazione dell’Uomo". Distaccandosi dalla tradizione ottocentesca, scelse la via della satira, del paradosso provocatorio e scintillante, per lanciare strali contro istituzioni, pregiudizi e storture della società.
Interpreti sono: Diego Fusari (Prof. Higgins); Rossella Avanzi (Eliza Doolittle); Mario Zolin (Colonnello Pickering); Adolfo Vaini (Alfred Doolittle); Francesca Campogalliani (Sig.ra Higgins); Antonella Farina (Sig.ra Pearce); Gabriella Pezzoli (Sig.ra Eynsford); Annalaura Melotti (Vlara Eynsford); Luca Genovesi (Johnny Eynsford); Martina Ginelli (Cameriera); Italo Scaietta (Assicuratore); Michele Romualdi (Giornalista).
La regia è curata da Maria Grazia Bettini, che nelle sue note spiega: «Anche se nella storia del professore di fonetica che, per scommessa, decide di trasformare la giovane fioraia capace solo di esprimersi nel più volgare dialetto londinese in "duchessa" dall’accento perfetto c’è profumo di favola, i temi che George Bernard Shaw intreccia in "Pigmalione" sono tutt’altro che lievi: si va dall’emancipazione della donna alla discriminazione sociale; c’è una feroce critica al classismo britannico, che distingue le posizioni sociali anche e soprattutto attraverso l’inflessione linguistica e c’è, ancora di più, il problema della manipolazione degli individui da parte delle classi superiori nei confronti di chi è ignorante. Niente di più attuale in una società dove un moderno Pigmalione può fare del popolo la sua Galatea.
L’autore in questo testo dà libero sfogo alla sua polemica sulla superficialità dell’alta borghesia privilegiando il conflitto dialettico tra i personaggi e l’importanza della lingua come indicatore della diversità di classe. Per questo ho scelto il testo tradotto nella versione di Luigi Lunari (commediografo e traduttore) nel quale la vivace battaglia tra il cockney londinese e la lingua ufficiale del testo originale è stata magistralmente riadattata traducendo la cadenza anglosassone in una parlata volgare e sgrammaticata moderna.
Ho ambientato la commedia in un salotto di primo novecento ricreato con mobili finti e pareti disegnate su grandi tele, il tutto bianco e nero, ed ho scelto costumi ricchi e ben curati inseriti nel loro tempo per mettere in risalto, nella loro contrapposizione, l’artificiosità delle alte classi britanniche per le quali l’apparenza è più importante delle persone stesse e della loro umanità secondo il principio assolutamente moderno ed attuale che esalta l’apparire contro l’essere. La rappresentazione è fedele al testo originario, ma con una fugace libertà nel finale: il rapporto tra il Professore e la semplice fioraia, che potrebbe trasformarsi in un sentimento più profondo, resta aperto e lascia allo spettatore immaginare se abbia un futuro diverso da quello pensato dall’autore».