Passata la sfuriata di neve, la Rassegna «A teatro nel centro storico», giunta alla sua 14ª edizione, ha potuto finalmente prendere l’avvio. Sul palco del teatro della Soc.Filarmonico-Drammatica di via Gramsci si è esibita una delle compagnie più quotate del panorama amatoriale italiano, l’Accademia Campogalliani di Mantova che ha presentato «La regina e il suo giullare» di Fausto Bertolini, con la regia di Mario Zolin.
In una scena ridotta al minimo, un trono e un baule, due soli personaggi: la regina Elisabetta I d’Inghilterra (Francesca Caprari, in una foto di repertorio) e il giullare Juan Martìn de Calabazas, più noto come Calabacillas (Claudio Soldà), buffone al servizio di re Filippo IV di Spagna. Giocando con date e luoghi, l’autore introduce Calabacillas alla corte inglese e lì con la sovrana instaura un rapporto particolare. I due dialogano a lungo anche con veemenza, continuamente in bilico tra ironia trasognata, incursioni metateatrali e scatti d’ira. Scontrandosi in disquisizioni a volta serie a volta leggere analizzano l’arte e il potere ma ancor più il rapporto tra questi. Il racconto esce dal particolare storico e universalizza, fuori dal tempo e dalla storia, la lotta tra potere, satira e arte. La regina sente, o vorrebbe sentire, il suo incontrastato dominio sul giullare e questi con astuzia lusinga la sua sovrana. Con un sottile gioco psicologico o con smaccate provocazioni, nonostante le aperte dichiarazioni di sottomissione, riesce ad incrinare le certezze di lei. È la regina che domina il suo giullare o viceversa? Lo spettatore finisce per porsi questa domanda non pertinente. È il desiderio del potere, più che il potere stesso, a dominare su tutti. È in gioco il primato della regina, ma anche quello del giullare e il potere spesso sfugge al controllo di chi, con troppo accanimento o con leggerezza, cerca di tenerlo nelle proprie mani. Esso arriva a generare una dipendenza di amore-odio: la regina ama il suo giullare, ha bisogno di ascoltare le sue amenità, di ricevere le sue lusinghe ma è sempre sul punto di fargli tagliare la testa. Il giullare, dal canto suo, ama la sua regina ma sogna di congiurare contro di lei e la colpisce con micidiali stilettate. La pièce teatrale mette in evidenza il rapporto che intercorre tra l’artista (Calabacillas) e il potere politico (Elisabetta Iª). Il connubio relazionale è metastorico e assolutamente simbolico. La relazione di queste due dimensioni sociali è caratterizzata da un’incessante dialettica che a volte assume toni farseschi o drammatici, altre sconfina nel comico o nel grottesco. In un miscuglio di interessi, equivoci, sfide, rivalità, comunanze o contrasti di intenti, la pièce diventa un vivace e variopinto caleidoscopio del rapporto che lega l’artista al potere, sia in termini di sottomissione che di ribellione. I due protagonisti danno in questo lavoro prova di grandi capacità interpretative. Ben guidati da un esperto regista e forti della loro lunga esperienza di teatro, tengono la scena con assoluta padronanza. Le loro movenze sono sempre misurate e senza alcuna sbavatura, la loro mimica sempre eloquente. Gradevoli le musiche scelte da Nicola Martinelli e d’effetto il disegno luci di Giorgio Codognola.