CAMPOGALLIANI
“Delitto e castigo”, nella riduzione teatrale di Glauco Mauri, è lo spettacolo che ha inaugurato la stagione della Campogalliani per la regia di Maria Grazia Bettini. Già la grafica del titolo sul...
"Delitto e castigo", nella riduzione teatrale di Glauco Mauri, è lo spettacolo che ha inaugurato la stagione della Campogalliani per la regia di Maria Grazia Bettini. Già la grafica del titolo sul foglio di sala, grondante sangue, richiama i manifesti delle pellicole ispirate ai racconti di E.A.Poe.
L’inclinazione all’horror della regista si palesa apertamente nell’evocazione truculenta dell’eccidio dell’usuraia e della sorella. A sipario aperto, inattese e sorprendenti, appaiono la soluzione scenografica di Pizzoli e Fusari, un muro miserando sul fondo e due sedie al centro, e la scansione delle scene.
Ogni passaggio è marcato con lo spegnimento della luce sul palcoscenico, e la comparsa sul "fondu" nero di didascalie luminose che servono a indicare il tema o il senso del quadro che si proporrà. Il ricorso a simile accorgimento del cinema muto evidenzia la natura particolare dello spettacolo, che si articola in base alla prima didascalia: "in che sogno maledetto mi sto gettando?" E questa costituisce la chiave di lettura onirica o interiore con la quale lo spettacolo della Campogalliani si differenzia dalla interpretazione di Mauri. Va ricordato che Dostoevskij attribuisce a Raskolnikov tante facce quante sono le persone con cui s’intrattiene, finanche un doppio capace di uccidere e di sopprimersi quando non ne può più di sé stesso.
E ancora che "Delitto e castigo" costituisce il laboratorio delle problematiche da cui nascerà la portentosa tetralogia che con "L’idiota" culminerà poi nei "Karamazov".
La Bettini ha avuto la bella intuizione di ovviare ai limiti della riduzione a due personaggi (Mauri e Sturno) forzandola ulteriormente, facendone una sua personale incursione nel subconscio di Raskolnikov, e di gettarlo in un ambiente di pura finzione archeologica o di galleria delle cere.
In simile contesto il delirio del giovane può scivolare sulla buccia dell’intellettuale speciale, uno che distingue gli uomini in comuni e in superiori, che non si curano delle leggi. Lui appartiene al novero dei secondi che si confrontano con Napoleone, quale assassino di massa che veniva onorato come imperatore.
Fatte a pezzi le due sorelle, la mente di Raskolnikov comincia a vaneggiare in preda a disturbi psicosomatici, ad avvertire prepotente l’impulso a confessare, ora a un giudice che intuisce immediatamente il tipo psicolabile, ora a una prostituta che è una sciagurata sua pari.
Senza dimenticare la didascalia che avverte: "l’uomo è un mistero difficile da comprendere". Ma non è difficile scoprirsi, in un momento di lucidità, un "pidocchio", colpevole del delitto a cui corrisponde una "pena".
Di questa singolare e interessante provocazione della Bettini, protagonista assoluto è Diego Fusari, che offre una buona maschera introspettiva, e sfoghi isterici (con cui perora l’innocenza perduta), allo "schizzato" che non avendo o non trovando un posto nel mondo si abbandona a calcoli folli e sprezzanti.
Gli fanno valida corona Adolfo Vaini che riserva a Raskolnikov la condiscendenza mista a ironia di un giudice che paterno lo compatisce, e Alessandra Mattioli che ha slanci affettivi non contemplati dal romanzo, ma tesi a consolarlo di non essere solo. Completano il cast dello spettacolo Michele Romualdi, Daniele Pizzoli, Andrea Frignani. Efficaci la scelta delle musiche di Nicola Martinelli, e l’illuminazione di Giorgio Codognola.
Alberto Cattini