La morte del marito non lascia una vedova inconsolabile. Fatale lo sciacquone caduto sul capo del coniuge in bagno, Rose (F.Campogalliani) si costringe ad asciugare l’acqua sparsa sul pavimento. E quando puó compiangersi, spiegando la dinamica dell’evento a Jackie (G.Pezzoli) e Marcelle (L.Sartorello), le sente ridere come fosse una gag. E peggio si fa viva l’amante del marito (A.Farina), per notificarle l’esistenza di due figlie gemelle debitamente riconosciute, e pertanto eredi della proprietá di una casa al mare nei pressi di Calais. In pochi minuti l’illusione d’un grande amore svanisce, ma non produce contraccolpi di disprezzo. Mite e comprensiva, lei si abbandona all’irruenza delle amiche, anch’esse tradite, vedove e inseparabili. "Le Clan des Veuves" è l’unico testo teatrale di Ginette Garcin, nata a Marsiglia nel 1928, sposata Beauvois, morta a Nanterre nel 2010. Lo scrisse nel’90, e v’infuse le sue esperienze d’attrice di lunghissimo corso, tra cinema (con Audiard, Lelouch, Yanne, Boisset e Tacchella) e televisione. Un testo brillantissimo, anche se si rinvengono i luoghi di varie stagioni della commedia, improntati a un costume vagamente ’rétro’. Le vedove sono casalinghe e mogli quietamente fedeli, che si dividono l’affetto dell’unico figlio (M.Bertoni) di Jackie. La quale si consola con i dolci e le battute pungenti, mentre Marcelle, la più tradita, è quella che ha più ubbie per la testa, sfoggiando abiti in technicolor, e rivelando d’essere ai primi approcci con un coiffeur. Dal canto suo, Rose cerca di ragguagliarsi sul sesso con l’hard in tivù, ma conviene d’avere una vocazione nonnesca. In fatto di battute e di gag, la commedia dá il meglio nel primo atto, a causa del susseguirsi di sorprese, e soprattutto di momenti di complicitá fra le tre amiche esilaranti. Sono le stizze e le espressioni d’ingenuitá della Campogalliani, le esternazioni narcisistiche e salottiere della Sartorello, le compulsioni e le aciditá della Pezzoli, o i momenti alcolisti e danzanti comuni a strappare risate e applausi a scena aperta. Bravissime le tre’’star’’ della Compagnia, da ricordare è anche la Farina, che strizzata negli abiti fa boccuccia e starnazza esigenze e rivalse, cui fa eco il pigolio delle due figliole minute. Nel secondo atto le donne convivono pacificate, nascono altre illusioni, ma sul finale l’ingresso di Adolfo Vaini, il coiffeur che ritorna da Casablanca, produce un colpo di teatro di grande effetto comico. Sui registri della commedia la regia della Bettini è molto a suo agio, si diverte e riesce a divertire. L’assecondano in modo conveniente Fusari (scene e costumi), Martinelli (musiche), e Codognola (luci).
Alberto Cattini