Con la Campogalliani il vernacolo di città è archeologia viva
Portare in scena il dialetto puó far correre due rischi. Il molto ridere, che esorcizza il come eravamo: ingenui e straccioni. La molta commozione, che alimenta la nostalgia più lacrimosa. Il dialetto a teatro - come in poesia o in prosa - va rispettato. Non è una lingua degli istinti facile da plasmare, come una maschera, irta di doppi sensi e ambiguitá. Il dialetto era madrelingua, di popolo, idioma d’appartenenza che nel vicino Veneto è stata (e in taluni casi lo è ancora) parlata ufficiale, burocratica, diplomatica, "nazionale". Non per niente nel pieno Settecento Carlo Goldoni congegnó il teatro moderno facendo tesoro della commedia dell’arte e della lingua veneziana. L’Accademia Campogalliani ha in corso un’operazione che pare proprio intesa a elevare il dialetto di cittá a esemplare e prezioso patrimonio di cultura. Nel teatrino di piazza d’Arco è in programmazione "Le barüfe ’d Cadena", traduzione e adattamento in dialetto mantovano datati 1990 e operati dall’indimenticata Ada Magri Poldi delle "Baruffe chiozzotte" che Goldoni scrisse nel 1762. Le zuffe femminili della lagunare Chioggia aderiscono a una lacustre Mantova di fine Ottocento: il dialetto di cittá sfavilla, cicaleccia, irrompe, esonda, con i suoi accenti e timbri perduti, i modi di dire a volte acquatici e in altri terragni. Il "come eravamo" finalmente vira nell’inesplorato cantone sonoro del come parlavamo. O meglio, del come parlavano le donne e gli uomini di Porto Catena, Trastevere di Mantova, dentro la loro vita minuta, le cronache dei vicoli, i rapporti di prossimitá intensi e contrastanti. Il regista Italo Scaietta è riuscito nell’intento che è possibile condensare così: grazie al cielo stavolta il dialetto a teatro non è naïf, ma archeologia viva. Archeologia della comunicazione popolare. Alla quale il regista ha voluto integrare due situazioni di carattere. La prima è canora e coreografica: le donne intonano e danzano una canzone - la Monfrina - musicata dal maestro Enzo Dara. Riverbero popolaresco filologico di una cittá che non c’è più. La seconda è il mantenimento della parte di Giobatta così com’è nell’opera originale di Goldoni, nel suo dialetto chioggiotto, così prepotente da collegare l’acqua di Mantova a quella della laguna veneta, da connettere la trascrizione della Magri Poldi e la regia di Scaietta all’originale del grande riformatore settecentesco. Tutti da citare gli interpreti: Francesca Campogalliani, Cristina Debiasi, Giovanna Bertoli, Antonella Farina, Serena Zerbetto, Ettore Spagna, Andrea Flora, Daniele Pizzoli, Michele Romualdi, Matteo Bertoni, Adolfo Vaini, Paola Sarzola, Giulia Cavicchini, Gilberto Valle. Ruoli tecnici: Nicola Martinelli, Giorgio Codognola, Ermanno Balestrieri, Roberta Bonfiglio, Selene Gola, Lorenza Becchi, Paola Sarzola, Francesco Benazzi. Repliche di novembre: oggi alle 20.45, domani alle 16, giovedì 25 e sabato 27 alle 20.45, e domenica 28 alle 16. Info: 0376 325363: (st.sc.)