La storia narrata in Bibi e il Re degli Elefanti è stata desiderata, discussa e sognata ben prima di arrivare sulla carta e sul palcoscenico.
Da sempre credo fermamente nel potere dell’immaginazione che - come gli Inglesi dicono a proposito di una buona tazza di te - forse non cura nulla, ma di certo giova a tutto, dalla malinconia alla peste nera, passando per l’unghia incarnita e le pene d’amore. L’idea di Bibi e del suo elefante immaginario è nata discutendo questa teoria con il Professor Zamboni, pediatra acuto e sensibile, cui premeva una storia che raccontasse di malattia e speranza.
L’associazione tra la speranza e l’immaginazione - e ancor più tra l’immaginazione e quella forza di affrontare la difficoltà che genera e sostiene la speranza - è stata per me immediata e istintiva. E se qualche riluttanza mi frenava dallo scrivere in un campo delicato come quello dell’infanzia, la storia che germoliava via via da questi stimoli ha travolto le mie resistenze: nati da un incontro di pensiero e istinto, di memorie e di concetto, Bibi, Bogus e Giovanna la Pulzella chiedevano con insistenza di essere scritti.
Secondo gli studi recenti in materia, i due terzi dei bambini si creano dei compagni immaginari: amici fedeli e rassicuranti da cui ricevere appoggio, complicità e conforto, punti di riferimento all’interno di dimensioni psicologiche chiuse o perdute per gli adulti. Mi sono chiesta quanto più acuto debba essere il bisogno di queste "presenze" - così diffuso tra i bambini sani e felici - per un bambino che si sente derubato della sua infanzia e, forse, tradito dall’impotenza degli adulti di fronte al nemico invisibile chiamato malattia. Bogus e Giovanna non simboleggiano, come teme la mamma di Bibi, una fuga della realtà: rappresentano invece la forza interiore dell’individuo, la costruzione di un carattere e la ricerca di una bussola morale.
Nei suoi compagni immaginari, senza saperlo, Bibi costruisce non soltanto la sicurezza di cui ha bisogno e un elemento magico che trasfigura la sua situazione, ma anche un senso di cià che è giusto e sbagliato. Nel momento del bisogno, della sofferenza e dell’incertezza, in Bogus e Giovanna - ovvero nel dialogo con se stessa - Bibi trova coraggio, speranza, bellezza, perseveranza e principi: in una parola, cresce.
La dimensione teatrale restituisce alla vicenda di un piccolo essere umano che sboccia in circostanze dolorose il sogno e la magia sospesa di una favola vista con occhi bambini.
Chiara Prezzavento
TEATRO IN FIERA
Debutta in fiera a Gonzaga Bibi e il Re degli Elefanti, atto unico di Chiara Prezzavento, portato in scena dalla Scuola di teatro di Mantova con Accademia Virgiliana e Accademia Campogalliani. La giovane autrice mantovana racconta il tema dell’oncologia pediatrica attraverso gli occhi della piccola Bibi (una bravissima Sara Spagna) e dei suoi magici compagni immaginari, l’elefante Bogus e Giovanna la Pulzella, simboli di speranza. L’impatto del male e delle cure, lo smarrimento dei piccoli pazienti, i timori dei genitori, il lavoro del personale ospedaliero diventano fiaba a lieto fine. Regia di Maria Grazia Bettini.