Carlo Goldoni assume un impegno nel 1753 con il teatro San Luca, di proprietà Vendramin e avvia un periodo travagliato in cui scrive varie tragicommedie e commedie. Deve adattare i propri testi innanzitutto per un edificio teatrale ed un palcoscenico più grandi di quelli a cui era abituato, e per attori che non conoscevano il suo stile, lontano dai modelli della commedia dell’arte. Nel 1761 Goldoni è invitato a recarsi a Parigi per occuparsi della Comédie Italienne. Vitale fu l’ultima stagione per il Teatro San Luca, prima della partenza, ove produsse la cosiddetta Trilogia della villeggiatura, Sior Todero Brontolon e Le Baruffe Chiozzotte. Desidero questi sintetici riferimenti storici alla produzione di Goldoni perché la nostra Barufe d’Cadena è al 100%, teatralmente parlando, erede di una scrittura così come l’autore veneziano originariamente la concepì. La colta e suggestiva traduzione di Ada Magri Poldi, è pervasa dalla convinzione che i popolani mantovani, guidati dalla piccola borghesia, possano elevarsi, da un lato attraverso rapporti meno visceralmente diretti e immediati trasformandoli in azioni più ragionate e tolleranti e dall’altro riuscendo a far progredire socialmente, civilmente ed economicamente la società virgiliana. Ho voluto tradurre al femminile (Vincenzina) il personaggio del commerciante di pesce Vincens, che dà sostegno al ruolo del Cancelliere Isidoro, nell’architettare, con sapiente spirito maternalistico, il cosidetto matrimonificio di Piazza Viterbi. Si, Piazza Viterbi, perché idealmente le scenografie, costituite, oltre che dalle tradizionali quinte, anche da poderosi ingrandimenti fotografici, ci riportano nella storica Piazza mantovana, a Porto Catena, in Palazzo Gazini (Il Tribunale) e a Villa Gobio (Casa di Isidoro). Devo ringraziare L’Archivio di Stato di Mantova e il Direttore Dott.ssa Daniela Ferrari per la gentile concessione delle fotografie storiche depositate nella sezione degli archivi fotografici. Altro capitolo riguarda la parte musicale e in particolare la canzone iniziale. Su un testo del Poeta mantovano Enzo Boccola, un autore virgiliano ha composto appositamente la godibile aria della ’Marieta’. Fui coinvolto direttamente nella messa in scena di questo testo sia allo storico debutto totalmente al femminile delle Barufe d’Cadena, avvenuto nel 1990 grazie alle CIGAS con un indimenticabile Ada Magri Poldi in scena nel ruolo di Amalia per la regia di Alessandra Scacchetti, che nel secondo allestimento del 2009 nel Teatro di Guidizzolo con la Compagnia BAMCO per la mia regia.L’attuale edizione vede, rispetto alle precedenti edizioni, una brevissima appendice, un completamento del racconto attraverso la resa scenica del ballo, la Monfrina citata da Isidoro nel finale del terzo atto. Dopo alcune ricerche che mi avevano indotto a ritrovare le radici di questa danza interregionale ho scoperto con piacere che il documento più antico riguardante la Monfrina è conservato nel fondo musicale Greggiati di Ostiglia. A questo punto la scelta coreografica è diventata quanto mai coerente con l’impegno di evidenziare con questo testo gli aspetti etnografici e antropologici del territorio. Sono convinto che un modo nuovo di fare teatro in vernacolo possa ambire a supportare la conservazione e la valorizzazione di uno sterminato patrimonio linguistico, che prima di essere irrimediabilmente perduto, ha la forza di portarci, con leggerezza e divertimento, a riflettere sulla nostra identità culturale. Desidero dedicare questa mia prima produzione registica nell’Accademia Teatrale Francesco Campogalliani alla memoria di tre indimenticabili persone: Ettore Campogalliani, Ada Magri Poldi e Maria Grazia Savoia. Ognuna di loro, a vario titolo, ci ha permesso di andare in scena con questo magnifico testo.
Italo Scaietta
«Non ho mai assistito in vita mia ad un’esplosione di giubilo come quella cui si è abbandonato il pubblico a vedersi riprodotto con tanta naturalezza. È stato un continuo ridere di pazza gioia dal principio alla fine. …». Così Wolfgang Goethe, durante il suo viaggio in Italia nel 1786, testimoniava l’entusiasmo che "Le baruffe chiozzotte" avevano suscitato tra il popolo. Le Baruffe infatti segnano il ritorno di Goldoni al mondo popolare e reale, trattato con un gusto, una simpatia, una vivacità che non si rinvengono in nessun’altra commedia di Goldoni.
L’idea di Ada Magri di tradurre nel 1990 la commedia in dialetto mantovano con il titolo di "Le barufe ’d cadena" e di ambientarla nella nostra città e tra la nostra gente è stata una scelta felicissima tanto che essa sembra stata pensata e scritta proprio per essere ambientata a Mantova.
"Le Barufe ’d Cadena", rappresentate per la prima volta nel 1990 con Ada Magri nel ruolo di Pasquina e nel 2009 nel Teatro di Guidizzolo a scopo benefico da un gruppo di volontari, entrano nel repertorio della Campogalliani andando ad arricchire il lungo elenco di testi del teatro dialettale mantovano della Compagnia.
Andrea Flora
TEATRO D’ARCO
Inizia martedì 28 alle 21.15 la rassegna teatrale estiva proposta dall’Accademia Campogalliani al Teatrino di Palazzo D’Arco nell’ambito di Eâ¦State a Mantova 2011. La storica compagnia mantovana...
Inizia martedì 28 alle 21.15 la rassegna teatrale estiva proposta dall’Accademia Campogalliani al Teatrino di Palazzo D’Arco nell’ambito di Eâ¦State a Mantova 2011. La storica compagnia mantovana presenterà Le barufe ’d Cadena, l’adattamento in vernacolo mantovano che Ada Poldi Magri elaborò nel 1990 dal celeberrimo capolavoro goldoniano "Le baruffe chiozzotte". Sarzola, Giulia Cavicchini, Gilberto Valle.
Il calendario della rassegna prevede giovedì 30 giugno Metamorfosi da Ovidio con la Scuola di Teatro di Mantova per la regia di Raffaele Latagliata, venerdì 1 luglio Vita da cani di Giuliano Parenti per la regia di Maria Grazia Bettini, lunedì 4 luglio La Regina e il suo Giullare di Fausto Bertolini per la regia di Mario Zolin entrambi a cura dell’Accademia Campogalliani ed infine mercoledì 6 luglio ritorna la Scuola di Teatro di Mantova con Shakespeare3 da Shakespeare per la regia di Federica Restani.
La prevendita per ogni singola rappresentazione inizierà il giorno stesso dello spettacolo alla biglietteria del Teatrino D’Arco.
Per ulteriori informazioni è possibile telefonare allo 0376- 325363 dalle 19,30. Gli organizzatori ricordano che la sala è climatizzata.
Con la Campogalliani il vernacolo di città è archeologia viva
Portare in scena il dialetto puó far correre due rischi. Il molto ridere, che esorcizza il come eravamo: ingenui e straccioni. La molta commozione, che alimenta la nostalgia più lacrimosa. Il dialetto a teatro - come in poesia o in prosa - va rispettato. Non è una lingua degli istinti facile da plasmare, come una maschera, irta di doppi sensi e ambiguitá. Il dialetto era madrelingua, di popolo, idioma d’appartenenza che nel vicino Veneto è stata (e in taluni casi lo è ancora) parlata ufficiale, burocratica, diplomatica, "nazionale". Non per niente nel pieno Settecento Carlo Goldoni congegnó il teatro moderno facendo tesoro della commedia dell’arte e della lingua veneziana. L’Accademia Campogalliani ha in corso un’operazione che pare proprio intesa a elevare il dialetto di cittá a esemplare e prezioso patrimonio di cultura. Nel teatrino di piazza d’Arco è in programmazione "Le barüfe ’d Cadena", traduzione e adattamento in dialetto mantovano datati 1990 e operati dall’indimenticata Ada Magri Poldi delle "Baruffe chiozzotte" che Goldoni scrisse nel 1762. Le zuffe femminili della lagunare Chioggia aderiscono a una lacustre Mantova di fine Ottocento: il dialetto di cittá sfavilla, cicaleccia, irrompe, esonda, con i suoi accenti e timbri perduti, i modi di dire a volte acquatici e in altri terragni. Il "come eravamo" finalmente vira nell’inesplorato cantone sonoro del come parlavamo. O meglio, del come parlavano le donne e gli uomini di Porto Catena, Trastevere di Mantova, dentro la loro vita minuta, le cronache dei vicoli, i rapporti di prossimitá intensi e contrastanti. Il regista Italo Scaietta è riuscito nell’intento che è possibile condensare così: grazie al cielo stavolta il dialetto a teatro non è naïf, ma archeologia viva. Archeologia della comunicazione popolare. Alla quale il regista ha voluto integrare due situazioni di carattere. La prima è canora e coreografica: le donne intonano e danzano una canzone - la Monfrina - musicata dal maestro Enzo Dara. Riverbero popolaresco filologico di una cittá che non c’è più. La seconda è il mantenimento della parte di Giobatta così com’è nell’opera originale di Goldoni, nel suo dialetto chioggiotto, così prepotente da collegare l’acqua di Mantova a quella della laguna veneta, da connettere la trascrizione della Magri Poldi e la regia di Scaietta all’originale del grande riformatore settecentesco. Tutti da citare gli interpreti: Francesca Campogalliani, Cristina Debiasi, Giovanna Bertoli, Antonella Farina, Serena Zerbetto, Ettore Spagna, Andrea Flora, Daniele Pizzoli, Michele Romualdi, Matteo Bertoni, Adolfo Vaini, Paola Sarzola, Giulia Cavicchini, Gilberto Valle. Ruoli tecnici: Nicola Martinelli, Giorgio Codognola, Ermanno Balestrieri, Roberta Bonfiglio, Selene Gola, Lorenza Becchi, Paola Sarzola, Francesco Benazzi. Repliche di novembre: oggi alle 20.45, domani alle 16, giovedì 25 e sabato 27 alle 20.45, e domenica 28 alle 16. Info: 0376 325363: (st.sc.)
LA METAMORFOSI DAL VENEZIANO NON TRADISCE GOLDONI E LA CAMPOGALLIANI HA IL RITMO GIUSTO
Dalle strade davanti al mare e sotto il cielo di Chioggia, in cui sono solite vivere "Le baruffe chiozzotte" di Carlo Goldoni, si puó trascorrere ai ciottoli di Piazza Viterbi a Porto Catena, e poi a Palazzo Gazini e a Villa Gobio, per "Le barufe ’d Cadena". Il trasferimento ambientale, e la connessa metamorfosi del testo veneziano, sono rese possibili grazie alla traduzione e all’adattamento in dialetto mantovano di Ada Magri Poldi. E alla regia di Italo Scaietta, alle scenografie di Daniele Pizzoli, alle musiche di Nicola Martinelli, e all’interpretazione degli attori della Campogalliani. Protagonisti comunque sono sempre i pettegolezzi che nascono irresistibili sulle labbra delle donne, e apportano alla nozione del ridicolo una coloritura speciale. Lo spiega bene Medea (Lucietta in Goldoni) quando alludendo a sé stessa, sostiene che pur non avendo voluto parlare, non aveva saputo tacere: la parola le saliva alla bocca, cercava d’inghiottirla, e si sentiva soffocare, donde il fluire fuori, fin che ce n’era. Non ha misurato le conseguenze, e nella circostanza, deplora il suo pettegolare, per istinto, insomma rivela la sua onestá originaria che in Goldoni viene sempre riconosciuta. A baruffare sono le mogli sorelle fidanzate dei pescatori, un quintetto che sembra scaturire da modulazioni diverse di una sola voce. Anche se poi emergono i tratti distintivi. Checca/Zerbetto porta nella baruffa un’invidia da ragazza senza fidanzato, mentre Medea/Debiasi una superbia da prossima sposa. Carolina/Farina, silenziosa, e scaltra, è anche la più aggressiva. Delle due maritate, Amalia/Bertoli sembra baruffare in nome della famiglia, e Pasquina/Campogalliani rivela un comico puntiglio, un accanimento, che solo il bastone agitato dal marito mette a tacere. Gli uomini sono coinvolti per caso nelle baruffe. E se Tognino/Spagna interviene con energia, Giobatta/Pizzoli s’infuria senza costrutto, e non sa che ripetere «donna danno, donna malanno». Una gelosia ombrosa e scontrosa con istanti malinconici si esprime in Tano/Flora, la credulitá nelle donne è invece la caratteristica di Gepe/Romualdi. Sciocco e pauroso è Toffolo/Bertoni, causa involontaria di tutta la vicenda, il querelante dei due nuclei rissosi. Per cui appare il cancelliere/Vaini. Il personaggio di legge è consapevole di più funzioni drammatiche, essendo il conciliatore che favorisce i matrimoni, ma non tanto disinteressato da non nutrire delle mire su Checca, e non ignorando che lo spasso del testo sta proprio nel non infierire sui contendenti. Uno spettacolo divertente, questo della Campogalliani, in cui ciascun interprete ha modo di brillare in modo esilarante, finanche il messo/Valle nelle sue brevi apparizioni. E riserba alcuni momenti di gran finezza, come l’attacco del secondo atto: l’interrogatorio di Toffolo ci regala un Vaini misuratissimo, straordinario. Applausi a scena aperta per tutti.
Alberto Cattini
Da sabato le ’Baruffe’ goldoniane rivisitate da Ada Poldi Magri Repliche fino al 19 dicembre, esordio alla regia per Italo Scaietta
Dopo la riproposta di Baccanti di Euripide, spettacolo di fine anno dei diplomati alla Scuola di Teatro di Mantova, la stagione teatrale dell’Accademia Campogalliani al Teatrino D’Arco entra nel vivo con un nuovo allestimento che vede il debutto registico di Italo Scaietta. Da sabato 16 alle 21, con replica domenica alle 16, e fino al 19 dicembre il palcoscenico ospiterá Le barufe ’d Cadena, adattamento in vernacolo mantovano che Ada Poldi Magri elaboró nel 1990 dal capolavoro goldoniano Le baruffe chiozzotte. La prima rappresentazione avvenne nel 1999 al Teatreno a cura del gruppo Cigas dove l’autrice stessa interpretó Pasquina per la regia di Alessandra Scacchetti, con la collaborazione di Italo Scaietta che curó personalmente un nuovo allestimento nel 2009 al Teatro di Guidizzolo con la compagnia Bamco. Come nell’originale goldoniano il popolo minuto di pescatori, comari, venditori ambulanti e di tutte le figure caratteristiche dei quartieri popolari delle cittá, è protagonista della trasposizione ambientale e temporale operata dalla Magri: il quartiere di Porto Catena a fine 800, scelta felicissima tanto che la vicenda sembra pensata per essere ambientata a Mantova. Qui, libertá psicologica e linguistica si fondono e la commedia è un’esplosione di dinamismo e vitalitá, un susseguirsi di pettegolezzi e chiacchiere, baruffe e riappacificazioni. Al risultato concorrono sia l’abilitá con cui Goldoni aveva disegnato i personaggi mantenuti anche nella trasposizione ambientazione mantovana, sia l’uso sapiente del dialetto nostrano che dá il giusto colore alle battute. Gli interpreti sono: Francesca Campogalliani, Cristina Debiasi, Antonella Farina, Giovanna Bertoli, Serena Zerbetto, Ettore Spagna, Andrea Flora, Daniele Pizzoli, Matteo Bertoni, Adolfo Vaini, Paola Sarzola, Giulia Cavicchini, Gilberto Valle. L’assistenza alla regia è affidata ad Andrea Flora, scene ideate da Daniele Pizzoli, costumi di Serena Zerbetto realizzati dalla sartoria Costapereira, direzione artistica di Lorenza Becchi, selezione musicale di Nicola Martinelli, luci di Giorgio Codognola, movimenti coreografici di Selene Gola, acconciature e trucchi di Paola Sarzola. Responsabili audio Ermanno Balestrieri e Roberta Bonfiglio, Giulia Cavicchini è assistente di palcoscenico, grafica di Francesco Benazzi. Prenotazioni per tutte le repliche giá effettuabili alla biglietteria del Teatrino D’Arco (0376 325363) da mercoledì a sabato 17-18.30.
Alberto Cattini