Se l’Onnipotente esiste, come ha potuto permettere la Shoah? L’autore Stefano Massini immagina che questo si chieda, al momento della liberazione, l’ex attrice Elga Firsch, internata nel campo di Maidanek, e che decida dunque di fare un “PROCESSO A DIO”.
Ci sono idee – frammenti di luce, indizi di storie – che incontri una volta e non ti lasciano più. Erano anni che tenevo chiusa in qualche cassetto della mente la traccia di un Processo a Dio all’indomani della Shoah. Immaginavo quel processo come una resa dei conti: violenta, acuta, drastica.
Sicuramente un appuntamento non più rimandabile, un guardarsi negli occhi fra terra e cielo. Tutto questo stava in quel cassetto, insieme a squarci di azione, atmosfere abbozzate, profili delineati come uno schizzo al carboncino. Ed ogni volta che, per caso, quel cassetto si apriva, puntualmente mi assaliva la voglia di tentare una forma scritta, traducendo finalmente in dialogo quella scommessa così estrema, per me fascinosa, densa, intrigante.
Con questo straordinario testo, la Campogalliani s’inserisce nelle manifestazioni per nel Giorno della Memoria proponendone una drammatizzazione, che vuol essere anche propedeutica ad un vero e proprio allestimento futuro, e che ha come interpreti Roberta Vesentini, Paolo di Mauro, Michele Romualdi, Adolfo Vaini, Diego Fusari, Andrea Flora, Luca Genovesi, per la regia di Mario Zolin.
Introdurrà il Prof. Frediano Sessi
Ho lavorato su "Processo a Dio" come forse si lavora ad una statua: ho sgrossato il blocco di marmo per poi scendere sempre più nel dettaglio. Ed era come se il testo esistesse già, laggiù, in fondo al blocco. Lo stavo scoprendo, come svelandolo: un passo dopo l’altro mi si rivelavano i tratti dei personaggi, i nodi della vicenda, le dinamiche della trama, il disegno del dialogo. Sono stato spettatore di ciò che scrivevo e scrittore di ciò che vedevo scorrermi davanti agli occhi.
Giorno dopo giorno ha preso vita sulla carta la febbre di Elga Firsch, attrice ebrea di Francoforte che a tutti i costi vuole Dio alla sbarra. E ancora - giorno dopo giorno - le si sono affiancati il rabbino Nachman difensore di Dio, il giovane Adek smanioso di vendetta, lo Scharführer Reinhard relitto del Reich e i due anziani Solomon e Mordechai, giudici severi di un processo che non può non farsi gara dura, senza esclusione di colpi, combattuta con l’istinto feroce dei sopravvissuti, di chi – marchiato dal lager – brucia per la rabbia di un massacro tanto barbaro quanto assurdo, indecifrabile, insensato.
Perché in fondo la parola chiave di questo testo non è il dolore dell’Olocausto, bensì il non-senso: quella nebbia fitta che avvolge il presente, quella insignificante banalità che muove la storia con il tragico sconcerto di chi ne è vittima. Se l’uomo è un burattino, chi lo muove? E quale logica segue il teatrino del mondo? Sono queste le domande che, come un magma, muovono il testo dal suo interno. Elga Firsch accusa Dio con la voce, in fondo, dell’umanità intera: l’umanità di ogni epoca e bandiera. E vale forse, come esempio, una battuta del rabbino Nachman: "il processo a Dio non lo facciamo noi: non si è mai chiuso. Da cinquemila anni."
Stefano Massini
MANTOVA
Già da molti anni l’Accademia Teatrale Campogalliani celebra la Giornata della Memoria, allestendo uno spettacolo per ricordare gli orrori dell’Olocausto e sensibilizzare soprattutto i giovani su questo tema. Oggi alle 16 al Teatrino di Palazzo d’Arco verrà messa in scena da parte di Mario Zolin la rappresentazione drammatizzata di Processo a Dio di Stefano Massini, attualmente l’autore italiano più rappresentato all’estero. Il testo riscosse un grande successo di pubblico e di critica al suo debutto nel 2006 per la regia di Sergio Fantoni con Ottavia Piccolo grande protagonista.
L’autore mette in scena un processo in piena regola con personaggi immaginari imbevuti di verità storica: alla sbarra lo sterminio senza la retorica dell’orrore. Polonia, primavera 1945: è l’ultima notte al lager, la prima dopo la liberazione. Nel padiglione 41, una baracca di legno con una pesante porta in lamiera ondulata, Elga Firsch, attrice di Francoforte deportata a Maidanek, consapevole dell’impossibilità di liberarsi della violenza subita, decide di mettere alla sbarra Dio e la sua imperdonabile lontananza dalle sciagure che hanno colpito il suo popolo. Sul banco dell’imputato il capitano Rudolf Reinhard, aguzzino del campo di sterminio, vittima della sua stessa bramosia di sostituirsi al divino.
La regia di Mario Zolin ha voluto portare sulla scena anche un commento sonoro con musiche composte nei lager ed eseguite dal vivo da Monica Volta (violino), Leonardo Castellani (flauto) e Elena Conzadori (violoncello). Gli interpreti: Roberta Vesentini, Adolfo Vaini Michele Romualdi, Diego Fusari, Andrea Flora, Paolo Di Mauro e Luca Genovesi. L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.
25 gennaio 2019
Già da molti anni l’Accademia Teatrale Campogalliani celebra la Giornata della Memoria, allestendo uno spettacolo per ricordare gli orrori dell’Olocausto e sensibilizzare soprattutto i giovani su questo tema e pertanto domenica 27 gennaio alle ore 16.00 al Teatrino di Palazzo D’Arco di Mantova (piazza d’Arco 4) verrà messa in scena da parte di Mario Zolin la rappresentazione drammatizzata di ”Processo a Dio” di Stefano Massini, attualmente l’autore italiano più rappresentato all’estero, notissimo al pubblico per i suoi colti interventi alla trasmissione Piazza Pulita oltre ad essere stato presente all’ultima edizione di Festivaletteratura.
Il testo riscosse un grande successo di pubblico e di critica al suo debutto nel 2006 per la regia di Sergio Fantoni con Ottavia Piccolo grande protagonista.
L’autore mette in scena un processo in piena regola con personaggi immaginari imbevuti di verità storica: alla sbarra lo sterminio senza la retorica dell’orrore. Polonia, primavera 1945: è l’ultima notte al lager, la prima dopo la liberazione. Nel padiglione 41, una baracca di legno con una pesante porta in lamiera ondulata, Elga Firsch, attrice di Francoforte deportata a Maidanek, consapevole dell’impossibilità di liberarsi della violenza subita, decide di mettere alla sbarra Dio e la sua imperdonabile lontananza dalle sciagure che hanno colpito il suo popolo. Sul banco dell’imputato il capitano Rudolf Reinhard, aguzzino del campo di sterminio, vittima della sua stessa bramosia di sostituirsi al divino. Non c’è tempo per un’udienza preliminare. Le cinque accuse di Elga reclamano un giudizio immediato: gli ebrei sono stati ridotti in schiavitù; gli ebrei sono stati massacrati sistematicamente; gli ebrei sono stati venduti; gli ebrei sono stati illusi e traditi; gli ebrei, benché creati a immagine e somiglianza di Dio, sono stati privati della loro umanità.
Come ogni processo anche questo necessita di testimoni e giudici. Ecco Solomon e Mordecai, due saggi che assumono il delicato ruolo di giudici, ma nella sede dell’occasionale tribunale fa il suo ingresso anche il rabbino Nachman Bidermann, presenza indispensabile per controbattere le accuse spietate. Spetta invece a suo figlio, l’irrequieto giovane Adek Bidermann, verbalizzare gli atti dell’aspro e analitico processo che pone continuamente domande destinate a rimanere inevase.
Come dice l’autore: ”la parola chiave di questo testo non è il dolore dell’Olocausto, bensì il non-senso: quella nebbia fitta che avvolge il presente, quella insignificante banalità che muove la storia con il tragico sconcerto di chi ne è vittima. Se l’uomo è un burattino, chi lo muove? E quale logica segue il teatrino del mondo? Sono queste le domande che, come un magma, muovono il testo dal suo interno. Elga Firsch accusa Dio con la voce, in fondo, dell’umanità intera: l’umanità di ogni epoca e bandiera. E vale forse, come esempio, una battuta del rabbino Nachman: “il processo a Dio non lo facciamo noi: non si è mai chiuso. Da cinquemila anni.”
La regia, che porta la firma di Mario Zolin, ha voluto portare sulla scena anche un commento sonoro con musiche composte nei lager ed eseguite dal vivo da un trio di musicisti professionisti: Monica Volta (violino), Leonardo Castellani (flauto) e Elena Conzadori (violoncello).
Gli interpreti dello spettacolo sono: Roberta Vesentini, Adolfo Vaini, Michele Romualdi, Diego Fusari, Andrea Flora, Paolo Di Mauro e Luca Genovesi.
Le luci e le proiezioni sono state curate da Giorgio Codognola, gli effetti sonori da Nicola Martinelli e Marco Federici.
Ingresso è libero fino ad esaurimento posti.
100%
“ECCELLENTE”
Mi ha permesso di vivere le emozioni e i pensieri dei personaggi. È stato un momento di crescita spirituale. Ringrazio chi ha lavorato tanto e ha creduto in questo spettacolo.