«La notte scorsa ho sognato che tornavo a Manderley.»
Così inizia il romanzo più famoso di Daphne du Maurier, considerato un classico della letteratura gotica e di quella romantica. Una giovane donna s’innamora del ricco e affascinante Maxim de Winter, rimasto vedovo di recente. Arrivati a Manderley, la splendida tenuta dei de Winter, la ragazza si accorge che Rebecca, la prima moglie, è più viva che mai nella memoria di tutti coloro che l’hanno conosciuta. E che la sua presenza si allunga come un’ombra cupa e inquietante sul suo matrimonio, sulla sua identità, sulla magnifica dimora. Un romanzo grandioso sulla gelosia, la memoria, il passato e il presente, inesorabilmente legati tra loro.
Daphne du Maurier (1907-1989) nasce a Londra. Inizia a scrivere giovanissima. Nonostante i suoi primi romanzi siano ben accolti, è con la pubblicazione di Rebecca (1938) che diventa un’autrice di successo internazionale. La trasposizione cinematografica del romanzo, realizzata da Alfred Hitchcock nel 1940, valse al regista l’Oscar e a Rebecca una fama che dura immutata da settant’anni. Di Daphne du Maurier nei Tascabili Saggiatore è stato pubblicato Gli uccelli e altri racconti.
L’idea e la concretizzazione di un amore dolce, vero, è l’incipit di Rebecca la prima moglie,romanzo di Daphne Du Maurier a cui si è ispirato Alfred Hitchcock con il film del 1940, per proseguire nella seconda parte come un intrigo giallo.
Racconta una storia in cui le donne sono le protagoniste indiscusse. Una storia di belligerante rivalità tra donne di carattere, un carattere che viene estirpato con la forza del conflitto.
Una giovane dama di compagnia conosce e sposa il ricco vedovo Max de Winter. L’ex moglie di Max è morta, si dice, durante un naufragio. Il marito riconosce il cadavere, e alla donna viene data degna sepoltura. Tuttavia un giorno il suo cadavere viene scoperto, e il caso si riapre.
Non svelerò nient’altro della trama, mi sembra di aver parlato anche troppo. Sul grande schermo, il film, vincitore di due Academy Awards era interpretato da star del calibro di Joan Fontaine e Laurence Olivier, e recentemente la fiction televisiva italiana ha visto la classe e la grinta di Cristiana Capotondi, Mariangela Melato e Alessio Boni.
La rivisitazione di Alberto Cattini presenta una terza donna, che né l’autrice, né le produzioni cinematografiche o televisive avevano mostrato:Rebecca.
Nel dramma teatrale si aggiunge alla storia d’amore con tinte fosche, una storia di fantasmi che non vogliono abbandonare la loro posizione dominante nella vita terrena.
L’adattamento del romanzo di Daphne Du Maurier "Rebecca, la prima moglie" nasce, di là degli interessi e delle propensioni al genere di Grazia Bettini, come una necessità culturale, a completamento del progetto de "Gli occhiali d’oro" di Giorgio Bassani. I due testi, ambedue allestiti dalla Capogalliani, costituiscono un dittico melodrammatico, con uno sfondo storico che li stringe indelebilmente. Entrambe le vicende sono ambientate nel 1938. In Italia, le leggi razziali spalancano le porte infernali della Shoah. In Inghilterra, le simpatie per il nazismo di parte della fradicia nobiltà inglese innescano la nemesi delle fiamme per niente purificatrici della guerra. Sulla traccia segnata dal plot della scrittrice londinese sono state apportate alcune modifiche strutturali. Rebecca, in nome della quale la governante Danvers scatena le erinni finali, è il perno dell’intera pièce. Spirito ubiquo, che viene ricordato e percepito per la seducente corporeità, viene fatto agire intorno e dentro ogni personaggio abbia frequentato la tenuta di Manderley, e continui a essere in ascolto delle parole che sussurra, ad afferrane il tremendo perturbante. Rebecca agisce come i fantasmi degli amanti nei confronti dei piccoli allievi nel capolavoro di Henry James, "Giro di vite". La prima moglie è una dominatrice che distrugge affascinando, e nella cerchia degli esseri sedotti e manipolati ben presto richiama anche la seconda moglie, senza nome per il suo aspetto acqua e sapone e per l’insignificanza di ceto. E ne fa lo inconsapevole strumento terminale di un piano diabolico, volto al definitivo annientamento della dinasta de Winter, alla paralisi di Maxim e all’incenerimento del Palazzo. Rebecca è la volontà nichilista dei tempi, e a lei spetta l’ultima parola: «Sogni d’oro, brava gente». Due sono le scene nevralgiche di questa versione del romanzo, ciascuna per atto. Pensiamo alla visita, nel boudoir di Rebecca, della seconda moglie, Rossella Avanzi. Nel frangente, la governante scatena l’erotismo lesbico macabro della sua signora, Isabella Bertolini, presente in scena come suggeritrice e regista. Ed è il momento di Francesca Campogalliani, strega insinuante e melliflua, nelle cui rete resta impigliata l’ingenua neosposa. E alla rivelazione che l’esasperato Maxim, Diego Fusari, fornisce del delitto compiuto. Lo rivive in un confronto provocatorio e irridente con Rebecca, che fornisce alla seconda moglie l’occasione per eleggersi sua complice, e amante. Come sempre fastosi i costumi di Campogalliani e Fusari, puntuali i commenti musicali di Martinelli. All’infaticabile e sensibile Grazia Bettini, regista e direttrice artistica dell’Accademia, gli auguri di nuovi successi. (a.c.)
“La notte scorsa ho sognato che tornavo a Manderley”. Così inizia
il romanzo più famoso di Daphne Du Maurier, considerato
un classico della letteratura gotica e di quella romantica.
Una giovane donna s’innamora del ricco e affascinante
Maxim de Winter, rimasto vedovo di recente. Arrivati a
Manderley, la splendida tenuta dei de Winter, la ragazza si
accorge che Rebecca, la prima moglie, è più viva che mai
nella memoria di tutti coloro che l’hanno conosciuta, che la
sua presenza si allunga come un’ombra cupa e inquietante
sul suo matrimonio, sulla sua identità, sulla magnifica
dimora. Un romanzo grandioso sulla gelosia, la memoria,
il passato e il presente, inesorabilmente legati tra loro.
Daphne Du Maurier (1907-1989) nasce a Londra. Inizia
a scrivere giovanissima. Nonostante i suoi primi romanzi
siano ben accolti, è con la pubblicazione di Rebecca (1938)
che diventa un’autrice di successo internazionale. La trasposizione
cinematografica del romanzo, realizzata da Alfred
Hitchcock nel 1940, valse al regista l’Oscar e a Rebecca
una fama che dura immutata da settant’anni.
Se c’è una caratteristica che non ha mai fatto difetto all’Accademia
“Francesco Campogalliani” è la versatilità
nella scelta dei titoli come degli allestimenti. Dinamico
ed attuale lo stile di “Rebecca, la prima moglie”, che ha
debuttato lo scorso ottobre al Teatrino di Palazzo D’Arco
di Mantova, frutto della passione che la regista Maria
Grazia Bettini nutre per il romanzo “giallo”. La riscrittura
di Alberto Cattini ha accentuato i risvolti metafisici mediante
la concretizzazione del personaggio eponimo
(interpretato da Isabella Bertolini), assente nell’originale
di Daphne Du Maurier, che la regia ha inserito
come presenza ingombrante e condizionante. Ottimo
l’equilibrio tra la dimensione graziosa e puerile che ruota attorno all’iniziale
scoperta del mondo da parte della seconda moglie
e della sua affezionata cameriera, e la dimensione
gotica tragica, noir di cui è protagonista, ancora
più della stessa Rebecca, la governante Danvers (la brava Francesca
Campogalliani), tormentata, cupa, spettrale detentrice di un
ordine soprannaturale che viene imposto alla realtà terrena.
La regista, sfruttando appieno le straordinarie abilità di tutti
gli interpreti (Adolfo Vaini, Silvano Palmierini, Cristina De
Biasi, Federico Finazzer, Italo Scaietta, Giulia Cavicchini,
Roberta Bonfiglio, Ettore Spagna, Paolo Soncini), ha potuto
ridurre al minimo la gestualità concentrando il messaggio
espressivo negli sguardi. Sperduto, dolce, ingenuo, ma non
sciocco quello della seconda moglie (Rossella Avanzi). Una
maschera, con la facoltà di astrarsi propria di chi porta un
pesante fardello, il volto del marito (Diego Fusari).
ACCADEMIA TEATRALE “FRANCESCO CAMPOGALLIANI”
Teatrino di Palazzo D’Arco
Piazza D’Arco, 2 - 46100 Mantova
tel. e fax 0376.325363
teatro.campogalliani@libero.it
www.teatro-campogalliani.it