Lo spettacolo è diviso in cinque quadri con un solo intervallo.
Nato a Taganrog nel 1860, crebbe in una famiglia economicamente disagiata: il nonno era stato servo della gleba. Frequentò il liceo nella città natale.
Nel 1879 si trasferì a Mosca dove si iscrisse alla facoltà di medicina. Laureatosi nel 1884, esercitò solo saltuariamente, in occasione di epidemie e carestie, la professione, dedicandosi invece esclusivamente all’attività letteraria. Nel 1890 raggiunse attraverso la Siberia la lontana isola di Sachalin, sede di una colonia penale, e sulle disumane condizioni di vita dei forzati scrisse un libro-inchiesta, L’isola di Sachalin (1895). Minato dalla tubercolosi, passò vari anni nella sua tenuta di Melichovo (Mosca), cercando di migliorare la condizione materiale e morale dei contadini. Nel 1895 conobbe Tolstoj, cui rimase legato da amicizia per tutta la vita. Nel 1900 fù eletto membro onorario dell’Accademia russa delle scienze, ma si dimise due anni dopo per protesta contro l’espulsione di Gor’kij.
Soggiornò varie volte, per curarsi, a Biarritz, Nizza, Jalta (Crimea). Nel 1901 sposò Olga L. Knipper, attrice del Teatro d’arte di Mosca.
In un estremo tentativo di combattere il male, si recò a Badenweiler, una località della Foresta Nera.
Morì qui, nel 1904, assistito dalla moglie. Aveva 44 anni.
Il nome di Cechov non e legato a nessuna scuola o movimento.
Scrittore ferocemente introverso, visse in un periodo in cui in Russia imperversava la reazione, e la vita intellettuale e letteraria attraversava una fase di ristagno. La sua narrativa e il suo teatro sono anche un accorato atto di accusa contro la società del suo tempo.
Lo stile di Cechov, semplice e sobrio, è modellato sul tragico quotidiano, cioè sulle minute pene dell’esistenza umana. Tolstoj lo paragonò a un tipo di pittura in cui le pennellate sembrano messa a caso: «come se non avessero alcun rapporto tra di loro», mentre guardando da lontano si coglie "un quadro chiaro, indiscutibile". Soprattutto nei racconti Cechov compone una struttura sinfonica in cui i temi vengono enunciati e messi in relazione tra di loro ma senza che la loro potenzialità emotiva sia mai interamente sfruttata: in ciò consiste il fascino irripetibile e struggente del discorso.
Elementi essenziali dei quattro ("Il gabbiano", "Zio Vanja", "Le tre sorelle", "Il giardino dei ciliegi") maggiori drammi cechoviani sono: l’attitudine rassegnata e dolente di fronte a un ineluttabile sempre sottinteso; l’attenzione quasi morbosa per il dettaglio psicologico aberrante e rivelatore; la capillare ricostruzione di atmosfere più che di vicende. Questi elementi si esaltano e si cristallizzano in un tipo di rappresentazione-narrazione che, escludendo il protagonista, instaura sulla scena una specie di ideale livellamento. I personaggi di Cechov subiscono una specie di estraneazione che li rende incapaci di parlarsi. In questo senso il teatro di Cechov esaspera l’intrinseca staticità del teatro realista russo e anticipa motivi successivi della drammaturgia occidentale europea e nordamericana. La scena cechoviana, nella quale tutti attendono, in preda a un abulico sonnambulismo qualcosa di mai nominato ma sinistramente incombente, è l’antecedente necessario della scena di Beckett, nella quale gli stessi silenzi e gli stessi vuoti di comprensione alludono a qualcosa di altrettanto innominato, ma ormai irrimediabilmente accaduto.
Gli "scherzi" o "vaudeville", come li chiama Cechov, ruotano intorno a piccoli fatti precisi che servono da pretesto per mettere in funzione un meccanismo e svilupparlo in un crescendo vorticoso, proprio secondo le regole dettate dai vaudevilles francesi.
Una domanda di matrimonio, scritto nel 1888 da Cechov, appena ventenne, e l’Orso, del 1889, sono due scherzi giovanili che rappresentano rispettivamente i prodromi e i postumi del matrimonio, in una chiave grottesca aperta indifferentemente alle risa sbellicate o al dramma, ove prevalga nella simbiosi di rappresentazione e percezione del pubblico la graffiante ironia propria di quest’autore secondo cui la gente, per migliorare deve vedere com’è davvero, non come dovrebbe essere. "Nella vita raramente si dicono cose intelligenti." - confidò una volta Cechov ad un amico
- "Per lo più si mangia, si beve, si bighellona, si dicono sciocchezze. Ecco che cosa bisogna far vedere in scena. Bisogna scrivere un lavoro in cui i personaggi entrano, escono, pranzano, parlano del tempo, giocano a vint (…) perché cosi avviene nella vita reale."
In questa questa commedia viene proposto l’eterno tema dell’amore come passione immediata e incoercibile.
E’ questa la storia di una vedova che, nonostante desideri rimanere per sempre lontana dal mondo, dopo la morte del marito, viene visitata da un creditore del defunto consorte e, in seguito ad una feroce lite tra i due, nasce un amore passionale è repentino.
I tipi psicologici sono ben caratterizzati in quest’opera, e la forza dei desideri e delle pulsioni è rappresentata scenicamente Con una forza ed una vividezza encomiabili. Ricco di colpi di scena, questo atto unico è sapientemente riempito di dettagli secondari che ne aumentano il valore.
Un prestigioso e borioso Direttore, che si accinge a celebrare in pompa magna l’anniversario della propria fondazione, sprofonda in una farsa irresistibile, che irride alle vane apparenze del conformismo borghese.
Fra ruggini antiche di buon vicinato, e comici squarci di vita campestre, si assiste al ruvido approccio fra due inaciditi rampolli di buona famiglia, I battibecchi si alternano a riappacificazioni preludendo a quello che sarà la futura vita matrimoniale.
Ad una stazione di posta una giovane donna tradisce l’anziano marito con un giocatore d’azzardo, che il giorno dopo deve subire un processo.
Un vero e proprio monologo in cui ascoltiamo le divagazioni di un pover’uomo, schiavo della propria moglie, la quale, fra le mille cose che gli ordina quotidianamente, gli ha ordinato anche di tenere una conversazione sui dannosi effetti del tabacco. Non sapendo cosa dire, il protagonista racconta i fatti suoi, saltando di palo in frasca, disegnano assai bene la sua figura di "bamboccio", come lo chiama benignamente sua moglie.
Il tema centrale dell’opera è il rapporto uomo-donna all’interno dell’istituzione matrimoniale e la regia vuole evidenziarne alcuni momenti fondamentali: il corteggiamento (L’Orso), la richiesta matrimoniale (La domanda di matrimonio), il rapporto ormai consumato (L’Anniversario), il tradimento (La notte prima del processo) e, alla fine, la distanza ormai incolmabile tra due coniugi (Fa male il tabacco). Gli spettatori sono accompagnati nell’Universo-Amore da Cechov stesso e da sua moglie, l’attrice Olga Knipper, che, parlando con le battute prese a prestito dai più celebri drammi cechoviani (Ivanov, Il Gabbiano, Zio Vania, Tre Sorelle, Il Giardino dei Ciliegi) e dal loro ricchissimo epistolario, raccontano sulla scena il loro legame sentimentale attraverso questi "scherzi d’amore" conditi da una "salsa tragica", che sarà l’epilogo di una morte prematura dell’autore.