Tutti all’Opera!
La scelta di trasformare due opere liriche in altrettanti pezzi di prosa teatrale, mettendone in scena i libretti senza musica, è una sfida che abbiamo proposto agli allievi per mostrare che i binari paralleli di lirica e prosa sono capaci d’incrociarsi, scambiandosi temi, linguaggio e maniera. L’opera buffa del Novecento offre un’abbondanza di materiale comico, in una scrittura che sa sorridere (con un briciolo di cattiveria) della società e dell’arte. La varietà giocosa di spunti interpretativi e registici rende questi testi particolarmente adatti all’ambito della scuola.
Gianni Schicchi
Il nobile Buoso Donati muore, lasciando i parenti a lutto stretto – almeno finché non vengono a sapere, da voci di fornaio, che il defunto capofamiglia ha destinato ogni suo avere ai frati. Una volta confermata la nefasta notizia, il nipote Rinuccio propone di chiamare l’astuto popolano Gianni Schicchi che sicuramente saprà trovare un espediente per trarli d’impiccio – e della cui figlia Rinuccio è innamorato. Giunto a casa Donati, e superata la diffidenza dei parenti, Schicchi ingegna un piano che sembra perfetto per aggirare le intenzioni del defunto Buoso e fare tutti contenti… ma sarà proprio così?
Gianni Schicchi, scritto nel 1918 e ambientato nella Firenze del Dugento, è un testo ancora molto attuale nell’esplorazione della mentalità, tipicamente italiana, del “fatta la legge, trovato l’inganno” – per non parlare delle esplosioni di famigliari che l’apertura di un testamento può causare… Dante colloca lo Schicchi all’Inferno, tra i falsari delle Malebolge, (Canto XXX) a pochi passi da Satana in persona! Eh, questi italiani “faccendoni”… ma quanti ancora oggi vivono di espedienti, navigando tra le pieghe della legge? In un quadro dugentesco ma vicinissimo a noi, il libretto getta uno sguardo irridente su questa italica propensione alla truffa – e su come in famiglia ci si voglia tutti bene – ma davanti a un’eredità… “dai nemici mi guardi Iddio, che dai parenti (e da Gianni Schicchi) mi guardo io!”
Cordelia – ovvero, le Follie per il Ballo
Cordelia, vivace signora di società nella provincia di fine Ottocento, è pronta per recarsi al desideratissimo primo ballo della stagione, quando quel seccatore di suo marito se ne vien fuori pretendendo di tenerla a casa per una questioncina da nulla: la lettera di un altro uomo che fissa un appuntamento galante. E se Cordelia proprio non vede perché una seccatura come l’adulterio debba tenerla lontana dal ballo, Sua Eccellenza il marito ha altre idee – idee che comprendono una pistola carica e una visita al poeta che gli ha infangato l’onore. E, a peggiorare le cose, anche il poetico amante si rivela pieno di irragionevoli pretese, come quella di fuggire insieme sull’istante… Oh, questi uomini e le loro questioni insulse! Che dovrà mai fare una povera donna elegante per non perdere la sua festa da ballo?
Sulla struttura classica di una farsa alla maniera di Feydeau o di Labiche, il libretto innesta una fioritura fittissima di riferimenti e parodie operistiche. Tre personaggi (quasi) da manuale, Soprano, Baritono e Tenore quintessenziali, bisticciano impigliati tra i cliché del ruolo e le assurdità farsesche della situazione. In un gioco vorticoso, non c’è aspettativa che non venga ribaltata, e non c’è stereotipo melodrammatico che venga risparmiato sulla via del primo ballo di stagione – perché la notte, l’amore, la fede, l’onore non son che parole… se la donna vuole andare al ballo!