LA BUONANIMA DELLA SUOCERA
di Georges Feydeau (1908)
Lucien rientra alle quattro del mattino da una festa in maschera e la moglie inizia a litigare con lui perché ha dimenticato le chiavi. Quello che sembra un classico litigio tra coniugi diventa ben presto una lotta senza esclusione di colpi a cui Lucien cerca disperatamente di porre fine per poter andare a dormire. Yvonne, però, non è disposta a mollare e coinvolge nella situazione anche la domestica. A questo si aggiunge il valletto della madre di Yvonne che si presenta all’improvviso all’ingresso per annunciare la morte della suocera...
GEORGES FEYDEAU (1862-1921)
Feydeau non era un autore di grandi pretese. Si vedeva come un vaudevillista particolarmente incline a far ridere, con un’ottima capacità di stuzzicare la vecchia formula teatrale utilizzando le sue doti per raccontare le divertenti disavventure di alcuni Don Giovanni borghesi a caccia di sesso senza conseguenze. La riscoperta di cui fu oggetto negli anni Cinquanta, invece, lo portò a essere considerato un “autore serio”, meritevole di un’analisi approfondita: “A fine secolo, nella Parigi della belle époque, il vaudeville di Georges Feydeau possiede il privilegio della perfezione. In esso si esprime una immagine della vita matura e compiuta: si cristallizza il destino di una società…”
IL DELITTO DI VIA DELL’ORSINA
di Eugène Labiche (1857)
Lenglumé, dopo una notte di bagordi con l’amico Mistingue, si risveglia a casa in stato confusionale. Nell’abitazione c’è anche l’amico e, dopo breve tempo, i due scoprono dal giornale che nella notte è stato commesso un atroce delitto. Convinti, da una serie di indizi, di essere loro i responsabili, concepiranno un piano per eliminare eventuali testimoni. Labiche in uno dei suoi più noti testi giallo-comici.
EUGÈNE LABICHE (1815-1888)
Commediografo francese, autore fecondissimo, ritrasse nei suoi c.ca 170 lavori, in massima parte scritti in collaborazione, la borghesia francese del tempo, ottenendo un vivissimo successo. Specialista del vaudeville, infiorò i suoi testi di amabili couplets da cantare. Dietro la bonarietà dell’ironia di Labiche, la paradossalità di tante invenzioni, il senso del ritmo che talora raggiunge il virtuosismo (Un chapeau de paille d’Italie, 1851; Un cappello di paglia di Firenze), vi è tuttavia l’acuta osservazione di un’umanità, di una classe, còlta nelle sue debolezze, nelle sue manie, nel suo culto della rispettabilità. Tra i suoi testi migliori si ricordano Le voyage de M. Perrichon (1860); La cagnotte (1864) e, tra gli atti unici, Les deux timides (1860). Fu eletto all’Académie Française nel 1880.
I due atti unici
Salvare la pelle, salvare la faccia, si combatte la stessa battaglia: è questo il leitmotiv dei due atti unici. Infatti in Feydeau, come in Labiche, se vi sono equivoci, intrighi, quiproquo, è perché si tratta sempre di mantenere le apparenze e la rispettabilità del piccolo mondo borghese che, sotto i nostri occhi, svela i suoi retroscena carichi di acredine, malizia e stoltezza.
Trattandosi di opere di vaudeville (mescolate narrativamente alla più classica situazione da commedia degli equivoci) risulta essenziale il ritmo concitato, fatto di tempi comici e performance attoriali ben calibrate e basate su una certa complicità tra gli interpreti. Solo così si può arrivare al cuore dello spettatore, mostrando vizi e manie di una società che risulta molto vicina a quella contemporanea.
MARTEDÌ, 17 OTTOBRE 2023
MANTOVA - Tempo-Libero
Sotto il titolo creato per l’occasione “Suocere e Delitti”, Grazia Bettini propone due atti unici della tradizione vaudeville, rispettivamente di Georges Feydeau e du Eugène Labiche. “La buonanima della suocera” (1908), “Il delitto di via dell’Orsina” (1857). Analogo l’ambiente dei due testi, una camera da letto coniugale, in cui il marito si presenta a tarda notte, oppure se la dorme fino a tardi per smaltire la sbornia; entrambi sono reduci da una festa d’impiegati con donnine o di ex studenti dell’unico istituto, con dispetto delle mogli, l’una svegliata dal sonno profondo, l’altra all’oscuro delle fuga notturna del coniuge.
Come contrappasso, un decesso inopinato o un omicidio perpetrato sotto l’ebrezza dell’alcol vengono a suscitare scompiglio e disagio nelle due famiglie. Le notizie sono annunciate da due messaggeri esterni, sconosciuti o imparentati, ignari della situazione domestica, straniti quanto basta per suscitare gli equivoci del caso. Il fattore comico scatta appunto con gli abituali qui pro quo, e con affanni dei maschi, e il supporto esilarante del personale di servizio carico di tic, o di timorosi gridolini dovuti all’età che spalanca dubbi in serie. Non di meno si evidenzia l’aspetto critico dell’immoralità, del cinismo di ceto, che nella morte scorge solo la spesa o il profitto, e in ogni caso se ne sente rincuorato senza un lamento che sembri onesto. Gli attori, e parliamo di Adolfo Vaini, ottimo protagonista con Giancarlo Braglia, di Labiche. Il suo Lenglumé rincasando si è trascinato nel letto un ex amico Mistingue, ed entrambi se ne sorprendono con una fioritura di smorfie, e di esclamazioni a parte, che una verniciatura salottiera ricompone nella complicità non appena compare la moglie, l’impareggiabile Loredana Sartorello, capace con le sue intonazioni signorili d’essere pertinente e al tempo di far sorridere con un personaggio soltanto decorativo. E non di meno i due uomini fan lega non appena scorrono sul giornale che una carbonaia è stata ammazzata con l’ombrello del padrone di casa, proprio nei luoghi in cui sono stati la notte precedente. Sono degli assassini? Lo pensano, lo credono, si dispongono a inventarsi un alibi.
Sono davvero bravi, e molto divertenti, Vaini e Braglia. Lunare, la schiena eretta, femminea, le labbra che sfuggono da un lato, si muove nella scena di Labiche il domestico di Giancarlo Santarello, suscitando risate. E altrettanto capita con Francesca Campogalliani, domestica nel testo di Faydeau con i suoi reiterati lamenti, e Italo Scaietta, latore confuso del messaggio di morte della madre della coppia composta da Martina Ginelli e Marco Federici. nel caso dei coniugi, che Feydeau vorrebbe far litigare sull’aspetto dei seni della moglie al confronto con quella d’una modella. Bettini l’ha dissolto ricamando l’amor proprio patetico della donna e la stupidità del coniuge. Il sorriso dovuto alla frivolezza del vaudeville si spegne sull’amarezza dello spettacolo di coppia di mezza età. I due atti di quaranta minuti ciascuno offrono situazioni del tempo che fu. Ma l’allegria è assicurata dalla qualità degli attori, guidati dalla mano della Bettini che con il comico è a suo agio (ricordiamo la regia di “Arsenico e vecchi merletti”), e sa rinfrescare gli anacronismi con slancio e simpatia. -
ALBERTO CATTINI
MERCOLEDÌ, 27 SETTEMBRE 2023
MANTOVA - Tempo-Libero
Oggi alle 20.45 al teatrino di Palazzo d’Arco l’Accademia Campogalliani inaugura la stagione teatrale 2023-2024 conio spettacolo "Suocere e delitti", regia di Maria Grazia Bettini, due atti unici del teatro francese appartenenti al genere vaudeville, la situazione è da commedia degli equivoci: "La buonanima della suocera" di Georges Feydeau e "Il delitto di via dell’Orsina" di Eugène Labiche (del 1857) il cui leitmotiv consiste nel salvare la pelle e la faccia. Nel primo atto, del 1908, Lucien rientra alle 4 del mattino da una festa in maschera e la moglie litiga con lui perché ha dimenticato le chiavi di casa. 11 secondo atto, del 1857, è un giallo-comico in cui Lenglumé, dopo una notte di bagordi con l’amico Mistingue, si risveglia a casa in stato confusionale. Le prenotazioni per tutti gli spettacoli della stagione sono dal giovedì al sabato dalle 17.30 alle 19 in biglietteria del teatrino, tel. 0376325363, 3757384473 o email biglietteria@teatro-campogalliani.it —
12 ottobre 2023
Sabato 14 ottobre alle ore 20:45 torna ad aprirsi il sipario del teatrino di Palazzo D’Arco dove l’Accademia Teatrale “Francesco Campogalliani”, inaugurerà la stagione teatrale 2023-2027, del suo 77° anno di ininterrotta attività con il debutto in anteprima assoluta dello spettacolo “Suocere e delitti” per la regia di Maria Grazie Bettini.
Sotto questo titolo accattivante e spiritoso sono compresi due atti unici del teatro francese appartenenti al genere vaudeville: “La buonanima della suocera” di Georges Feydeau e “Il delitto di via dell’Orsina” di Eugène Labiche il cui leitmotiv consiste proprio nel salvare la pelle, salvare la faccia, combattendo la stessa battaglia.
Infatti in Feydeau, come in Labiche, se vi sono equivoci, intrighi, quiproquo, è perché si tratta sempre di mantenere le apparenze e la rispettabilità del piccolo mondo borghese che, sotto i nostri occhi, svela i suoi retroscena carichi di acredine, malizia e stoltezza.
Trattandosi di opere di vaudeville (mescolate narrativamente alla più classica situazione da commedia degli equivoci) risulta essenziale il ritmo concitato, fatto di tempi comici e performance attoriali ben calibrate e basate su una certa complicità tra gli interpreti. Solo così si può arrivare al cuore dello spettatore, mostrando vizi e manie di una società che risulta molto vicina a quella contemporanea.
Ne “La buonanima della suocera” (scritto nel 1908), Lucien rientra alle quattro del mattino da una festa in maschera e la moglie inizia a litigare con lui perché ha dimenticato le chiavi. Quello che sembra un classico litigio tra coniugi diventa ben presto una lotta senza esclusione di colpi a cui Lucien cerca disperatamente di porre fine per poter andare a dormire. Yvonne, però, non è disposta a mollare e coinvolge nella situazione anche la domestica. A questo si aggiunge il valletto della madre di Yvonne che si presenta all’improvviso all’ingresso per annunciare la morte della suocera…
Il secondo atto unico “Il delitto di via dell’Orsina” (che Labiche scrive nel 1857) è un giallo-comico in cui Lenglumé, dopo una notte di bagordi con l’amico Mistingue, si risveglia a casa in stato confusionale. Nell’abitazione c’è anche l’amico e, dopo breve tempo, i due scoprono dal giornale che nella notte è stato commesso un atroce delitto. Convinti, da una serie di indizi, di essere loro i responsabili, concepiranno un piano per eliminare eventuali testimoni.
Gli interpreti dello spettacolo sono: Martina Ginelli, Marco Federici, Francesca Campogalliani, Italo Scaietta, Loredana Sartorello, Adolfo Vaini, Giancarlo Braglia e Giancarlo Santarello.
La regia di Maria Grazia Bettini si è avvalsa della preziosa collaborazione tecnica di Lorenza Becchi e Maria Donata Bosco per la direzione di scena, Daniele Pizzoli per l’ideazione delle scenografie, Francesca Campogalliani e Diego Fusari per i costumi, Nicola Martinelli per la colonna sonora e tecnico del suono insieme a Rossella Mattioli, Massimiliano Fiordaliso per l’ideazione delle luci e tecnico illuminazione insieme a Francesco Cantarelli, Selene Gola per le coreografie, la Falegnameria Busoli per la realizzazione scene, Sartoria Teatrale Costa Pereira e HarleQueen per la realizzazione dei costumi, Barbara e Debora Pedrazzini per l’assistenza di palcoscenico e Michele Romuali e Fabio Nardi per l’ideazione grafica.
Il pubblico avrà così la possibilità di assistere ad un momento teatrale di grande fascino, divertimento e spensieratezza che verrà replicato ogni venerdì e sabato sera alle ore 20,45 e la domenica alle ore 16 fino al 19 novembre per poi cedere il passo ad altri numerosi spettacoli che compongono il ricco e diversificato cartellone della stagione che si è potuta realizzare grazie anche alla sensibilità della Fondazione della Comunità Mantovana onlus.
Le prenotazioni per tutti gli spettacoli della stagione si possono già effettuare dal giovedì al sabato dalle ore 17,30 alle ore 19,00 presso la biglietteria del Teatrino D’Arco tel. 0376 325363 – 375 7384473 oppure via mail a: biglietteria@teatro-campogalliani
MANTOVA, 12 ott. - Sabato 14 ottobre alle ore 20,45 torna ad aprirsi il sipario del teatrino di Palazzo D’Arco dove l’Accademia Teatrale "Francesco Campogalliani", inaugurerà la stagione teatrale 2023-2027, del suo 77° anno di ininterrotta attività con il debutto in anteprima assoluta dello spettacolo "Suocere e delitti" per la regia di Maria Grazie Bettini.
Sotto questo titolo accattivante e spiritoso sono compresi due atti unici del teatro francese appartenenti al genere vaudeville: "La buonanima della suocera" di Georges Feydeau e "Il delitto di via dell’Orsina" di Eugène Labiche il cui leitmotiv consiste proprio nel salvare la pelle, salvare la faccia, combattendo la stessa battaglia.
Infatti in Feydeau, come in Labiche, se vi sono equivoci, intrighi, quiproquo, è perché si tratta sempre di mantenere le apparenze e la rispettabilità del piccolo mondo borghese che, sotto i nostri occhi, svela i suoi retroscena carichi di acredine, malizia e stoltezza.
Trattandosi di opere di vaudeville (mescolate narrativamente alla più classica situazione da commedia degli equivoci) risulta essenziale il ritmo concitato, fatto di tempi comici e performance attoriali ben calibrate e basate su una certa complicità tra gli interpreti. Solo così si può arrivare al cuore dello spettatore, mostrando vizi e manie di una società che risulta molto vicina a quella contemporanea.
Ne "La buonanima della suocera" (scritto nel 1908), Lucien rientra alle quattro del mattino da una festa in maschera e la moglie inizia a litigare con lui perché ha dimenticato le chiavi. Quello che sembra un classico litigio tra coniugi diventa ben presto una lotta senza esclusione di colpi a cui Lucien cerca disperatamente di porre fine per poter andare a dormire. Yvonne, però, non è disposta a mollare e coinvolge nella situazione anche la domestica. A questo si aggiunge il valletto della madre di Yvonne che si presenta all’improvviso all’ingresso per annunciare la morte della suocera...
Il secondo atto unico "Il delitto di via dell’Orsina" (che Labiche scrive nel 1857) è un giallo-comico in cui Lenglumé, dopo una notte di bagordi con l’amico Mistingue, si risveglia a casa in stato confusionale. Nell’abitazione c’è anche l’amico e, dopo breve tempo, i due scoprono dal giornale che nella notte è stato commesso un atroce delitto. Convinti, da una serie di indizi, di essere loro i responsabili, concepiranno un piano per eliminare eventuali testimoni.
Gli interpreti dello spettacolo sono: Martina Ginelli, Marco Federici, Francesca Campogalliani, Italo Scaietta, Loredana Sartorello, Adolfo Vaini, Giancarlo Braglia E Giancarlo Santarello.
La regia di Maria Grazia Bettini si è avvalsa della preziosa collaborazione tecnica di Lorenza Becchi e Maria Donata Bosco per la direzione di scena, Daniele Pizzoli per l’ideazione delle scenografie, Francesca Campogalliani e Diego Fusari per i costumi, Nicola Martinelli per la colonna sonora e tecnico del suono insieme a Rossella Mattioli, Massimiliano Fiordaliso per l’ideazione delle luci e tecnico illuminazione insieme a Francesco Cantarelli, Selene Gola per le coreografie, la Falegnameria Busoli per la realizzazione scene, Sartoria Teatrale Costa Pereira e HarleQueen per la realizzazione dei costumi, Barbara e Debora Pedrazzini per l’assistenza di palcoscenico e Michele Romuali e Fabio Nardi per l’ideazione grafica.
Il pubblico avrà così la possibilità di assistere ad un momento teatrale di grande fascino, divertimento e spensieratezza che verrà replicato ogni venerdì e sabato sera alle ore 20,45 e la domenica alle ore 16 fino al 19 novembre per poi cedere il passo ad altri numerosi spettacoli che compongono il ricco e diversificato cartellone della stagione che si è potuta realizzare grazie anche alla sensibilità della Fondazione della Comunità Mantovana onlus.
Le prenotazioni per tutti gli spettacoli della stagione si possono già effettuare dal giovedì al sabato dalle ore 17,30 alle ore 19,00 presso la biglietteria del Teatrino D’Arco tel. 0376/325363 – 375/7384473 oppure via mail a: biglietteria@teatro-campogalliani.it