Siamo in Argentina, negli anni ’70 del secolo scorso, dopo la fine della dittatura militare.
In questo quadro l’azione, che si potrebbe configurare come un dramma politico, in realtà propone temi esistenziali nei quali da sempre si avviluppa nella relatività del male e nella morbosità del bene la coscienza dei personaggi delineati da un’abile invenzione drammaturgia alla cui intensità contribuiscono in modo emozionante le note del famoso brano schubertiano "La morte e la fanciulla" richiamato nel titolo stesso del dramma.
Dalla pagina teatrale di Ariel Dorfmann è stato tratto anche un film di grande successo interpretato da Sigournee Weaver e Ben Kingsley
"La morte e la fanciulla" di Ariel Dorfman, è il dramma di una delle molte vittime delle dittature militari che non si concludono con la fine delle torture o perché si è salva la vita. La vicenda si svolge in un periodo di (recente?) democrazia, durante il quale la protagonista cerca di vivere nella normalità la propria vita, superando le tragedie del passato, dal quale l’esperienza della tortura l’ha esclusa.
A casa dell’avvocato Gerardo Escobar capita per caso un medico Roberto Miranda. Paulina, moglie dell’avvocato , crede di riconoscere nel medico il suo torturatore e da quel momento ha inizio un disperato , violento ritorno al passato.
Paulina vuole giustizia per le violenze subite, giustizia per il proprio paese e un popolo che prova a rinascere; decide di ottenerla a tutti i costi, scopre che il bene e il male seguono lo stesso percorso , ma l’ultimo passo, il gesto finale che compie è forse ciò che la avvicina alla pace, non sarà stranamente la giustizia. Il finale bello ed enigmatico ci mostra come la verità e il pentimento a volte più della giustizia, possa condurci all’irrinunciabile condizione della dignità umana.