Ho letto il romanzo breve di Giorgio Bassani e la sceneggiatura di Nicola Badalucco, ho visto il film di Giuliano Montaldo e, poiché amo le sfide, non ho potuto sottrarmi alfa tentazione di trasporre anche sul palcoscenico un romanzo che mi ha appassionato per l’attualità dei temi in esso contenuti. È per questo che ho coinvolto Alberto Cattini il quale, con grande bravura, ha costruito il testo teatrale accettando di intraprendere insieme a me un’avventura nuova e rischiosissima per entrambi. Dalla letteratura, attraverso il cinema, siamo approdati al teatro per raccontare storie drammatiche di personaggi che ci riportano ai grandi temi esistenziali della solitudine e dell’emarginazione oltre che ai tragici eventi storici nati dall’odio razziale e dalla cultura antisemita. Ma quello che premeva era di utilizzare elementi teatrali essenziali per attrarre l’attenzione dello spettatore verso i contenuti della narrazione senza cedere ad interpretazioni di maniera.
Ho voluto un’impostazione scenografica che consentisse di realizzare su piani diversi scene molto brevi con attori in vista per non spezzare il tempo e il luogo, quasi a creare il senso dell’immagine cinematografica. Gli attori si muovono su tre piani scenici di diversa altezza, si spostano a vista e non usano praticamente mai oggetti di scena proprio per valorizzare la parola, il movimento e l’essenzialità della storia. Non mi sono preoccupata della ricostruzione di ambienti precisi, ma ho scelto solo alcuni elementi stilizzati (tavoli e sgabelli) per dare risalto all’intensità di una recitazione lenta, sottolineata da suoni e musiche, riferimento ai numerosi luoghi in cui si svolgono le diverse scene è dato dalle proiezioni di boccascena, mentre le illusioni cinematografiche tratte dalla filmografia di Luchino Visconti commentano sullo schermo di fondo le situazioni e gli stati emozionali vissuti dai personaggi sulla scena.
Una regia, insomma, che vuole essere insieme teatrale e cinematografica e che intende comunque condurre ad una riflessione sulle conseguenze tragiche dell’intolleranza, sulla grettezza morale e culturale del razzismo antisemita e dell’omofobia perbenista, ma nello stesso tempo sulla forza della parola e della poesia.
Maria Grazia Bettini