Sullo spunto della celebre DIE HOSE (Le Mutande) di Carl Sternheim, la commedia sviluppa un intricato procedimento farsesco al cui centro sono una donna, innocente provocatrice, concupita da tutti, e suo marito, un piccolo impiegato di banca, disperatamente teso a far dimenticare al proprio direttore lo spiacevole episodio che potrebbe avere nefasti effetti sulla sua carriera. A scatenare il turbinio smaliziato di provocazioni e tentativi di seduzione è, appunto, “l’incidente” nel quale incorre la procace moglie del piccolo impiegato, che alla cerimonia di inaugurazione della nuova sede della banca, alla presenza di tutti i dirigenti e delle autorità civili e religiose, perde inopinatamente le... mutande! Per quanto prontamente superato, l’incidente provoca strane curiosità e segrete voglie tra quanti vi hanno assistito. A colorare l’intera commedia si alternano una folta schiera di coloriti personaggi che strapperanno risate e divertimento.
La scoppiettante commedia fu scritta nel 1966 da Luigi Lunari e, seppur da lui considerata un suo "peccato di gioventù", costituisce il suo primo cospicuo successo, tanto da rimanere in cartellone per 103 sere al teatro Odeon di Milano, con l’inverecondo (ma efficace) titolo di PER UN PAIO DI MUTANDINE, con la regia di Carlo Colombo e la straordinaria interpretazione di due mattatori del teatro comico, quali Piero Mazzarella e Tino Scotti.
“L’INCIDENTE – nel piccolo elenco delle proprie opere che il sottoscritto divulga – viene definito “peccato di gioventù” e, assieme a ER PADRE DE LI SANTI, OVVERO I MONOLOGHI DEL CAZZO (etichettato a sua volta come “peccato di vecchiaia”), costituisce un binomio di cui l’Autore sembrerebbe un poco vergognarsi, e ammetterne l’esistenza a denti stretti e a collo torto. Tuttavia, allentando i denti e raddrizzando il collo, pur con tutte le arie che si dà per le sue opere più note, egli deve ammettere che L’INCIDENTE – per esempio – non è poi così male. È una farsa condotta con notevole abilità, con personaggi ben delineati, colpi di scena ben allocati, un minimo di significato “morale” nella denuncia di un maschilismo imperante, che alla fine soccombe sotto il buon senso, la rettitudine, la concretezza della donna: nel che è uno dei leitmotiv più evidenti del teatro del sottoscritto. Una prova della sua efficace qualità è il fatto che – scritta e varata nel 1966 – è a tutt’oggi in circolazione, e sembra anzi godere (2014) di una sorta di revival: è stata tradotta in russo, è andata in scena in Romania, sta per andare in scena in Albania, è programmata per la prossima stagione della gloriosa Campogalliani di Mantova, è oggetto di innumerevoli edizioni amatoriali, sia in lingua italiana che in questa o quella lingua regionale, e ora viene edita dall’attento Gerardo Mastrullo nel libretto che avete tra le mani.... Insomma, corre il rischio di essere tra le mie commedie più guadagnerecce e redditizie. Il che – trattandosi di un “peccato” – può anche essere sconcertante, ma è perfettamente in linea con una delle caratteristiche del nostro tempo, che remunera una peccatrice molto più di una casalinga, e un evasore fiscale molto più di un onesto contribuente. Il match Peccato /Virtù, sembra essere un match senza storia.
E questo potrebbe bastare: il testo è qui. Va preso per quello che è, e ... buon pro vi faccia!”
Luigi Lunari
(dalla prefazione al testo edito presso Book Time: cfr in Libri/Teatro/L’incidente)
L’incidente, farsa che fa ridere
Vaini perfetto nei tempi comici
“L’incidente”, cui allude la commedia che Luigi Lunari scrisse nel 1966, fotografa le reazioni di alcuni notabili e signore milanesi allo spettacolo di una donna appariscente nel momento in cui, all’inaugurazione di una banca, presenti il vescovo e un parlamentare, oltre al plotone dei ragionieri, le scivolano sul pavimento le mutandine che indossava. Nel 1908, anno in cui va in scena a Berlino "Le mutande" di Carl Sternheim, l’indumento in questione era avvolto da un alone peccaminoso, in grado di accendere la fantasia inibita della piccola media borghesia tedesca. Tanto che il drammaturgo ne faceva la "ficelle" principale. Ovvero l’emblema di una società frustrata, che si avviava alla Grande guerra, con spirito conquistatore e antisemita. Ronconi che ha allestito "Le mutande" con un cast di strepitosi attori (Fantoni, Fortunato, Herlitzka), immaginava un Paese prenazista, e lo concepiva come un corollario delle sue regie elisabettiane dei "Lunatici" e di "Riccardo III". La pièce degli anni ’60 di Lunari, messa in scena dalla Campogalliani al Teatrino D’Arco, non presagisce sommovimenti contestatari. Piuttosto la "contaminatio" che promuove, si volge indietro agli anni ’50, recuperando il gusto da fumetto della trasgressione, con figure umane di cui ridere senza identificarsi più di tanto. E allora non vi è nessun giovane prestante a desiderare la donna del ragioniere, ma solo un soldatino che ha compiuto nove mesi di naia e un vecchio onorevole in trasferta. Semmai le mutandine innescano pettegolezzi invidiosi nelle signore fuori età, e il desiderio sempre procrastinato di vivere un’orgia domestica con le mercenarie del sesso nei mariti, altrettanto imbustati e passibili di colpi della strega. Grazia Bettini che ha una spiccata propensione per il comico grottesco si è gettata su "L’incidente" con slancio e intelligenza suscitando una farsa che fa ridere, e disegnando un impagabile refuso dell’Italietta di mezzo secolo fa. Al centro della pièce, la tipica coppia messa in caricatura nelle vignette di Novello. O presente in quelle situazioni e gag che troviamo sparse nei film di Totò, popolati da attori piccoli, gli Umberto Melnati, gli Aroldo Tieri, al fianco di giunoniche attrici quali Silvana Pampanini e Franca Marzi. Di qui il ragioniere con il baffetto Diego Fusari, frenetico e logorroico implacabile, ossessionato dall’idea d’essere stato professionalmente danneggiato dall’incidente accaduto alla monumentale consorte, Isabella Bertolini, e pronto a qualsiasi bassezza pur di riguadagnare dei punti. La consorte, che a tutto consente con una sospettabile passività, rivela una sua furbizia e il completo controllo dei due citati spasimanti. Il dialogo con l’onorevole Giancarlo Braglia costituisce il momento clou del secondo atto. Causa interna dello sconquasso sono le mutande, causa esterna il direttore di banca, Adolfo Vaini che riesce perfetto nei tempi comici, ammiccamenti, e arroganza del potere. È lui, il direttore, che dal ragioniere pretende l’orgia, e dato singolare, il mezzo trascinante non sono le porte che si aprono e chiudono, come il teatro di Feydau ci ha abituati, ma l’ilarità scatta con la scoperta delle due prostitute, la romana e l’emiliana, Claudia Moietta e l’esilarante Martina Ginelli. Cioè assistendo alle reazioni della moglie Bertolini, e al quadro che ci restituisce la modernità. Sono i momenti che da soli valgono lo spettacolo.
Alberto Cattini