L’Accademia Teatrale Francesco Campogalliani di Mantova ha portato in scena in prima assoluta al Teatro Bibiena di Mantova il 14 ottobre 2011 l’atto unico, commissionato dall’Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti, per celebrare il genetliaco di Virgilio in occasione del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, un’esplorazione del rapporto tra l’autore e la sua opera – e tra la poesia e la storia – condotta attraverso una rilettura onirica degli eventi che circondarono la morte di Virgilio e la pubblicazione della sua opera più celebre: l’Eneide.
Tradizione vuole che, in punto di morte, Virgilio abbia chiesto con insistenza la distruzione della sua opera incompiuta, il poema epico che ancora non si chiamava Eneide. Ma il poema era una straordinaria celebrazione – e ancor più un’edificazione del mito di Roma, bella nella sua incompiutezza: Vario Rufo, poeta a sua volta e amico di Virgilio, non ebbe cuore di obbedire alla richiesta e in seguito ebbe da Augusto l’incarico di curare la pubblicazione dell’Eneide così come Virgilio l’aveva lasciata. E’ per una disobbedienza alla volontà di un amico defunto che il poema è giunto a noi attraverso venti secoli, con l’occasionale verso imperfetto, con qualche incoerenza, con le sue asimmetrie narrative e con un eroe cui forse – forse! – l’autore non ha fatto in tempo a instillare, a completamento delle virtù romane, la scintilla vitale. I latinisti si sono interrogati a non finire sul brusco finale del Libro XII, e innumerevoli generazioni di studenti ginnasiali, me compresa, hanno storto il naso davanti al Pio Enea, più paradigma di obbedienza e abnegazione che essere umano. Rileggendo il poema con occhi adulti, e con la libertà e il gusto di cui non avevo beneficiato sui banchi di scuola, mi sono trovata a meditare, più che sulle vicende di Enea e dei suoi, su ciò che Virgilio non ebbe tempo di compiere prima di morire. La tentazione di considerare la gelida caratterizzazione di Enea un difetto da prima stesura era irresistibile – e non ho resistito.
Il mio Virgilio, che torna nei sogni di Vario Rufo per deciderlo a bruciare il manoscritto incompiuto, non si preoccupa tanto dell’imperfezione dei versi, quanto di non avere avuto il tempo di tratteggiare compiutamente i significati e i messaggi che voleva nella sua opera. Ma a complicare il dilemma di Vario, lacerato tra la lealtà all’amico e l’ammirazione per il poema, irrompono nel sogno i personaggi dell’Eneide – non l’eroe eponimo e vincitore, ma gli sconfitti: Creusa, Turno, Amata, colmi di risentimento e certi che solo la distruzione del manoscritto li libererà dalla sorte cui Virgilio li ha condannati. Ed ecco che la lotta per il rogo dell’Eneide diventa una metafora per l’intrecciarsi di arte e vita, dovere e istinti primari, libero arbitrio e destino, amore, sconfitta, giustizia e memoria – in una parola, l’umanità. Difficilmente la questione di che cosa davvero mancasse al compimento dell’Eneide troverà una risposta inoppugnabile. Dove storiografia e filologia non possono giungere, tuttavia, al teatro è consentito tessere, con le incertezze di Virgilio e il rifiuto di Vario, una riflessione sul rapporto tra l’autore e la sua opera.
TEATRO BIBIENA, DOMANI ALLE 21
Al teatro Bibiena, domani alle 21, a ingresso libero, collegato al convegno dell’Accademia Virgiliana, andrà in scena un’opera teatrale, una prima, a cura dell’Accademia Campogalliani, "Di uomini e...
Al teatro Bibiena, domani alle 21, a ingresso libero, collegato al convegno dell’Accademia Virgiliana, andrà in scena un’opera teatrale, una prima, a cura dell’Accademia Campogalliani, "Di uomini e poeti" , testo della scrittrice Chiara Prezzavento, di Governolo, che per la Campogalliani è già autrice di "Bibi e il re degli elefanti".
Nella nuova opea, si immagina che Virgilio abbia lasciato l’Eneide a Lucio Vario, e i personaggi prendano vita dopo la morte del Poeta per andare a protestare da Lucio e pretendere che l’Eneide sia bruciata e mai si parli di loro perché troppo doloroso è ricordare quegli accadimenti. Ci sono Enea, la moglie Lavinia e Amata, la madre di lei, ma anche Turno, re dei Rutoli, che avrebbe dovuto sposare Lavinia. Il Fato, però, voleva che fosse Enea a iniziare una dinastia mescolando i due popoli per formarne uno nuovo.La regista Maria Grazia Bettini ha voluto ambientare l’opera in uno spazio fuori dal tempo, portando il dramma ai tempi moderni. Con il messaggio che la poesia è più forte della sofferenza e i personaggi non potranno ottenere lo scopo che si erano prefissi.