Lo spettacolo è diviso in due tempi con un solo intervallo
La ripresa dello spettacolo nel Settantennale dell’Accademia Teatrale Campogalliani è dedicata alla memoria di Aldo Signoretti e di Silvano Palmierini, rispettivamente magistrale regista e straordinario interprete della primitiva storica realizzazione di TRE SULL’ALTALENA
Il Presidente - Francesca Campogalliani
Ho scelto di riproporre questo spettacolo, senza cambiare nulla dell’originario allestimento e disegno registico, perché non mi sembrava possibile migliorare alcun elemento, tranne la sostituzione di un attore per “forza maggiore”.
Il regista e Direttore Artistico - Maria Grazia Bettini
Ci sono varie cose divertenti che potrebbero essere dette sulla genesi e sulla “fortuna” di questa commedia, ma il dirle non è opportuno: qualcuno potrebbe adontarsene, e, a me non sembra il caso di farmi dei nemici. Le racconterò a suo tempo – magari in una nuova commedia – lasciando per ora il curioso alla sua curiosità. «Tre sull’altalena nasce un po’ per caso: il titolo aggancia e riecheggia – come è mio costume – un titolo noto, tentando di scavalcare a livello subliminare la diffidenza del pubblico italiano per le cose nuove e mai sentite. Come commedia – a parte l’abilità tecnica che sempre e generosamente mi riconosco – non mi sembrava gran cosa: e devo un cero e un inno a Franco Graziosi, che per primo si è calorosamente divertito leggendola e che mi ha aperto gli occhi, diciamo, sulle sue possibilità. Ho constatato poi che la commedia piace molto agli attori, e mi sono ricordato del Goldoni, che nel suo Teatro comico fa dire a un attore: «Perché una commedia diverta il pubblico bisogna che prima diverta me». Che diverta e piaccia agli attori è dunque un buon auspicio. Poi, rileggendola, mi sono divertito anch’io: e autoanalizzandomi un poco, ho scoperto quanto segue: la commedia – al di là del piccolo mistero di cui ne circonfondo la nascita – è nata comunque senza alcuno scopo preciso, come è per chi dia inizio a un discorso improvvisato, senza una traccia e senza una scaletta, è stata condotta con totale libertà, come è per chi passeggia senza meta e senza scopo, per il puro gusto di passeggiare: il risultato è che nel totale disimpegno, nella mancanza di ogni progetto particolare, sono liberamente confluiti in queste pagine temi, episodi, convinzioni, speranze, paure, manie che appartengono più che a me uomo di teatro o intellettuale o scrittore, a me uomo in quanto tale, Luigi Lunari e basta. E – sempre in questa disimpegnata libertà, non dissimile da quella sciolta tranquillità che a volte negli sport procura il record – la commedia si è disposta «naturalmente» secondo un ordine e un significato, che diventano addirittura esistenzial-filosofici. Al punto che avrei potuto scrivere – del tutto diversamente da quanto ho scritto – «…Questa commedia tratta dai vari atteggiamenti che l’Uomo assume di fronte al grande Problema della Morte. I tre protagonisti, e la quarta persona che sopraggiunge alla fine, rappresentano – secondo una tipologia che attraverso le quattro maschere della commedia dell’arte e le carte dei tarocchi risale addirittura all’antico Egitto – il Potere Economico, la Sapienza Filosofica e Razionale, la Forza delle Armi e da ultimo il Popolo Lavoratore (Pantalone, il Dottore, il Capitano, lo Zanni, ovvero i segni di danari, di coppe, di spade e di bastoni). Di fronte all’eterno problema della Vita e della Morte reagiscono secondo la propria intima struttura psicologica e culturale, cedendo alla paura, trovando rifugio nella razionalità, alzando le spalle nel cachinno derisivo e strafottente, sortendo un dibattito che nello scontro e nel confronto...» ... eccetera eccetera…
Luigi Lunari
…È difficile prendere sul serio una commedia che pone il problema dell’incomprensibilità delle sue premesse, le quali dopo tutto sono state decise dal drammaturgo, soprattutto se, come è evidente in questo caso, egli non ci chiede di credere alla sua invenzione come fosse una metafora decisiva della condizione umana, non ci sorride sopra. E però, proprio per via di questo suo disimpegno e nella scanzonata superficialità con cui sono trattati i grandi nomi della filosofia dell’esistenza da Leibniz a Nietzsche, Tre sull’altalena diverte molto il pubblico e riesce a funzionare egregiamente nel gioco sofisticato dell’autoparodia…
(Ugo Volli, «La Repubblica»)
…Una commedia così, fosse firmata da Neil Simon o Andrè Roussin, scatenerebbe una gara fra gli impresari nostrani per accaparrarsela…
(Ugo Ronfani, «Il Giorno»)
…In Tre sull’altalena si parla dunque di morte con divertita intelligenza: un tema serio affrontato con il sorriso e l’ironia….il foltissimo pubblico della prima si è sciolto alla fine dello spettacolo in lunghi e trionfali applausi…
(Magda Poli, «Corriere della Sera»)
…Con Tre sull’altalena Lunari ha dato il via libera alla propria spontaneità creativa senza equilibrismi intellettuali, solo usando il filtro di una naturale musicalità sintattica. Ne è sortita forse la sua più bella commedia…
(Paolo Paganini, «La Notte»)
Mettiamoci Sartre e Beckett e Kafka, magari anche Feydeau, per via di quelle porte che si aprono e si chiudono… mettiamoci quel che volete, ma Lunari gioca tutte le carte sue, lasciando – sullo scivolo di una incalzante comicità – larghi spazi a un impegno carico di significati morali…
(Carlo Maria Pensa, «Famiglia Cristiana»)
Dopo l’edizione del debutto (1990 – Teatro dei Filodrammatici di Milano – regia di Silvano Piccardi) Tre sull’altalena è stata portata in scena in Italia dalla Compagnia Pambieri-Tanzi-Beruschi (1996 – Teatro Carano – Milano), sempre per la regia di Silvano Piccardi.
La fortuna straniera della commedia comincia nel 1994. Tradotta in francese con il titolo “Fausse adresse”, viene rappresentata al Festival di Avignone dalla Compagnia Pierre Santini, nel mese di luglio. In novembre viene portata a Parigi, al Théâtre La Bruyère, dove sta in scena per 159 sere, poi in tournèe in Francia Tre sull’altalena viene pubblicata in francese su “Avant- Scène” (febbraio 1995) e in Inglese su “Plays International” (settembre 1994). Da allora, viene tradotta in ventitre lingue, e pubblicata – oltre che in francese e inglese – anche in spagnolo (rivista “Ade”), in russo (rivista “Teatr”), in portoghese, in croato e in bulgaro, ed è pubblicata per il Nord America dalla Blizzard Co.. In Italiano esce nella BUR di Rizzoli, Milano 1994. Poi presso l’editore Book Time, Milano 2012 Rappresentata in Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Olanda, Belgio, Svizzera, Svezia, Finlandia, Estonia, Rep. Ceka, Slovacchia, Messico, Argentina, USA, Canada, Russia e CSL, Bulgaria, Cipro, Grecia, Turchia, Israele, Croazia.
Piccola considerazione: rappresentata in otto capitali della CEE dal teatro professionista, ma a Roma solamente dall’Accademia Teatrale Campogalliani.
1. GORIZIA TEATRO TENDA AL CASTELLO (luglio 1994)
FESTIVAL TEATRO AL CASTELLO TROFEO “CITTA’ DI GORIZIA”
1º premio alla Compagnia
1º premio alla regia ad Aldo Signoretti
1º premio per il miglior caratterista a Silvano Palmierini
1º premio per il miglior attor giovane a Diego Fusari
1º premio per la miglior caratterizzazione delle piccole parti femminili a Francesca Campogalliani
Segnalazione per i costumi (Mario Zolin)
2. PESARO TEATRO ROSSINI (settembre 1994)
FESTIVAL NAZIONALE D’ARTE DRAMMATICA
Premio della giuria giovani per il miglior testo di autore contemporaneo italiano e il miglior spettacolo del Festival
3. SCHIO TEATRO ASTRA (ottobre 1994)
RASSEGNA MASCHERA D’ARGENTO
1º premio della giuria per la miglior regia
Premio per il miglior caratterista della rassegna a Silvano Palmierini
Premio per il miglior attore giovane e il miglior attore generico assegnati dal pubblico a Diego Fusari e Adolfo Vaini
4. MACERATA TEATRO LAURO ROSSI (ottobre 1994)
RASSEGNA NAZIONALE “ANGELO PERUGINI”
Premio speciale della giuria per il miglior spettacolo
5. ROVERETO TEATRO ZANDONAI (marzo 1995)
RASSEGNA NAZIONALE SIPARIO D’ORO
Primo premio della giuria (presieduta da Ugo Ronfani) SIPARIO D’ORO alla compagnia
Premio per il miglior attore della rassegna a Silvano Palmierini
6. CASTELLANA GROTTE RASSEGNA NAZIONALE DEL TEATRO COMICO (luglio 1995)
Premio alla compagnia per il miglior spettacolo della rassegna
Premio per la migliore interpretazione a Silvano Palmierini
7. CALTABELLOTTA e SCIACCA PREMIO “SALVO RANDONE” (giugno 1997)
1º Premio al gruppo per il miglior spettacolo
8. VERONA (maggio 1998)
RASSEGNA TEATRALE DI AUTORE CONTEMPORANEO PREMIO “GIORGIO TOTOLA”
1º Premio al gruppo per il miglior spettacolo
9. IMPERIA FESTIVAL NAZIONALE DEL TEATRO (maggio 2005)
1º Premio al gruppo per il miglior spettacolo
10. MILANO TEATRO NUOVO (luglio 2008)
FESTIVAL DEL TEATRO AMATORIALE
1º premio miglior attore a Diego Fusari
3º premio miglior attore a Adolfo Vaini
3º premio miglior regia a Aldo Signoretti
“TRE SULL’ALTALENA”, allestito dall’Accademia Teatrale Campogalliani dal 1993, e tuttora in repertorio, è stato rappresentato, oltre che a Mantova e nei luoghi sopra citati, anche in altre sedi, tra cui quelle prestigiose del Teatro Manzoni di Milano, Teatro della Cometa di Roma, Vicenza, Trento, Brescia, ecc.
Luigi Lunari è uno dei pochi commediografi che riescano a strapparci autentiche risate, per l’abilità nel compendiare intelligenza e vivacità, profondità tematica e leggerezza espositiva. Queste stesse caratteristiche contraddistinguono l’Accademia “Campogalliani” e la simbiosi stilistica tra autore ed esecutori è tra le ragioni di un successo che si rinnova dal 1993 con inscalfibile freschezza.
Tre sull’altalena ha dato il via alle celebrazioni per il Settantennale dell’Accademia e l’omaggio si è esteso agli amici scomparsi Silvano Palmierini, che ne fu primo interprete, e Aldo Signoretti che firmò la regia, ora rispettosamente ripresa da Maria Grazia Bettini. Il ritmo narrativo reso incalzante da continui sovvertimenti di prospettive e da battute fulminanti, è risultato accentuato nella gestualità, marcata con colori di brillante levità da Adolfo Vaini, iroso commendatore; Giancarlo Braglia, poco geniale capitano; Diego Fusari professore perfettino; Francesca Campogalliani, donna delle pulizie personificazione del nitore del Giudizio.
Lunari cita spensieratamente filosofia e “slang”, per inquadrare in un’ottica inedita e irresistibilmente comica la tappa di transizione verso un “al di là” che si mimetizza da assurdo “al di qua”. La stanza su cui affaccia una triade di porte è il non-luogo da cui transitano dilemmi: vita e morte, libertà e costrizione, scienza e mistero, fede e agnosticismo, ondeggianti sulla suprema altalena che schernisce ciclicamente la comprensione, senza mai indicare una verità univoca.
Repliche fino al 6 marzo.
La Campogalliani ricorda Signoretti e Palmierini
“Tre sull’altalena”: nella pièce ciascun personaggio condannato a restare prigioniero del suo ruolo
Nel pieghevole di sala che accompagna lo spettacolo dei “Tre sull’altalena” di Luigi Lunari, sono richiamate, per la tipologia dei personaggi, varie ascendenze culturali, soprattutto le maschere della Commedia dell’arte. Va anche ricordato che il modello utilizzato per il meccanismo di scena è quello di “Mouchoir de nuages” di Tristan Tzara, che le avanguardie postdadaiste e surrealiste dovevano più volte replicare come allegoria sociale e religiosa. Cioè la concezione del palcoscenico come una scatola, in cui gli attori restano intrappolati, e una volta impossibilitati a compiere azioni, sono costretti a definirsi, a condividere le paure della morte, a propiziarsi le divinità. La rottura del genere teatro, la beffa e la dissacrazione si sono perdute nel tempo. Di quelle esperienze rimane il gioco scenico che permette di ripercorrere luoghi comuni sempre presenti, e di suscitare un piacevole divertissement con originalità. Nel riproporre la celebre pièce di Lunari, con cui la Campogalliani raccolse elogi e premi nei decenni scorsi, Maria Grazia Bettini (direttrice artistica della Compagnia) intende ricordare anche le care figure di Aldo Signoretti, e Silvano Palmierini, che furono due colonne del Teatrino d’Arco, e già regista/scenografo e interprete della messa in scena del 1993. Che resta inalterata, nel suo disegno di fondo anche oggi, con l’innesto di Giancarlo Braglia nel ruolo del Capitano, mentre Adolfo Vaini, Diego Fusari, e Francesca Campogalliani riprendono i loro personaggi. Nella “trappola per topi”, nel monolocale al settimo piano, giungono per tre portoni, scale e usci differenti, l’industriale, il militare, il filosofo giallista. Ciascuno crede di trovarsi nel luogo prefissato, ma presto deve convincersi del mistero “uno e trino” dello spazio, che oltretutto vieta l’uso di una porta diversa da quella da cui si è entrati, soddisfa alcune richieste di bevande, fornisce un elenco telefonico di Singapore con i loro nomi. Come non bastasse l’enigma del luogo, l’autorità esterna proibisce di uscire dalle 17 e fa chiudere qualsiasi circuito elettrico per l’intera nottata. Di qui la convivenza forzata, e le inevitabili chiacchiere e i tic di ceto, con cui ciascun attore contribuisce al divertimento della serata. Braglia con la linearità del militare che formato dal codice, non obietta mai e aderisce con proposizioni elementari. Viceversa il professore di Fusari, volendo razionalizzare ogni sorpresa miracolistica, sciorina il manuale di filosofia con nevrotica esigenza. L’industriale di Vaini cede alla superstizione, presumendo d’essere nell’anticamera dell’aldilà. Le angosce di tutti crescono all’apparizione della donna delle pulizie, la Campogalliani con bigodini, sigaretta e ciabatte, che loro scambiano per la Madonna. Morale, ciascuno è condannato a restare prigioniero del suo ruolo, e del “parlare a vanvera”. Molta ilarità, con i bravi attori, nel nome di Aldo Signoretti.
Alberto Cattini